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Detenuto in attesa di giudizio

Regia di Nanni Loy vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Detenuto in attesa di giudizio

di axe
8 stelle

Il geometra originario della provincia di Roma Giuseppe Di Noi risiede e lavora da anni in Svezia. Nel paese nordico ha messo su famiglia; decide di portare la moglie Ingrid ed i due figli a visitare l'Italia, che raggiunge a bordo della sua vettura. Appena oltrepassato il traforo del Monte Bianco, è arrestato senza che gli siano fornite spiegazioni; all'insaputa di Ingrid è condotto dapprima a Milano, e di lì in altre prigioni, sempre più giù lungo la penisola. Mentre Giuseppe è coinvolto in vicende sempre più grottesche, la moglie s'impegna per ottenerne la liberazione. Dopo molte disavventure, il protagonista è rilasciato, ma rimane segnato dalle tragiche esperienze vissute. "Detenuto In Attesa Di Giudizio", diretto da Nanni Loy, è il racconto di un allucinante viaggio tra gli orrori dei sistemi carcerario e giudiziario dell'Italia anni '70. Le prigioni nazionali sono descritte come sporche e sovraffollate, teatro di soprusi di ogni genere, messi in atto tanto dai secondini quanto da condannati di lungo corso e fonte di guadagno per chi prospera sulla malagestione degli istituti. Le guardie carcerarie, spesso povera gente che non ha piacere a fare tale mestiere, sono crudeli per "consuetudine" ... come, per altrettanta "consuetudine", i prigionieri sono cattivi. La vicenda, umana e giuridica, di Giuseppe smentisce tale impostazione. Vittima di un sistema giudiziario malato, afflitto da una burocrazia estremamente farraginosa, vulnerabile e quindi influenzabile dall'opinione pubblica, il protagonista è costretto ad un lungo periodo di carcerazione preventiva. Inizialmente, ne ignora il motivo; successivamente gli viene detto d'essere resposabile della morte per omicidio colposo di un cittadino tedesco, che egli non conosce. Gli è difficile poter incontrare il giudice istruttore; non è informato dei suoi diritti, pertanto non nomina subito un avvocato, cosa che prolunga ancor di più la permanenza nelle carceri. Contemporaneamente, vede morire un detenuto con il quale aveva stretto amicizia ed è coinvolto, suo malgrado, in una rivolta carceraria. Infine, anche grazie all'impegno di Ingrid, la sua posizione è chiarita; al tempo in cui ancora esercitava come geometra in Italia, la società presso la quale era dipendente aveva realizzato un ponte, poi crollato portando alla morte dell'automobilista che vi transitava, il cittadino tedesco. Giuseppe torna padrone della propria vita, ma è comprensibile che ci vorrà tempo per recuperare serenità e fiducia nelle istituzioni italiane. La critica del regista è molto estesa; non si limita a stigmatizzare il sistema carcerario, di certo non improntato alla rieducazione del reo, finalità cui dovrebbe tendere. Si estende alla procedura penale, la quale consente la prigionìa prima di una condanna anche in casi in cui la pericolosità dell'indagato è molto bassa, ma ricorrono elementi specifici - il protagonista risiede all'estero e ciò può comportare pericolo di fuga; raggiunge, infine, la società italiana, nel suo approccio al mondo del carcere; i detenuti, nei loro rari contatti con la folla, sono oggetto di insulti, disprezzo; essi sono mostrati umiliati dal trasporto in catene, mentre a pochi metri, altri godono della vita totalmente disinteressati ai guai di quelli "vestiti uguali". Eccezionale Alberto Sordi nel ruolo di Giuseppe; Il suo personaggio, evidentemente a lungo "digiuno" di complicazioni italiane poichè da oltre dieci anni residente all'estero, esprime stupore, disappunto, per la vicenda in cui è coinvolto. Anche nei momenti più drammatici, non perde fiducia nelle istituzioni - del resto, si ritiene innocente - ed ha una parola buona per tutte. Ciò che infine lo deprime, con ogni evidenza, è la motivazione per la quale è stato imprigionato. Non uno scambio di persona, o altro grave errore materiale; le autorità cercavano proprio lui, ma per un evento nel quale è stato coinvolto non direttamente, verificatosi molti e molti anni prima; solamente per dar soddisfazione ad un'opinione pubblica che ormai s'è lasciata tutto alle spalle; nel rispetto di una burocrazia incomprensibile, che non lascia spazio a valutazioni personali ai pur svogliati molti soggetti attivi della vicenda. Brava anche Elga Andersen, attrice tedesca interprete della paziente e caparbia Ingrid. Lino Banfi interpreta il vanesio e sgradevole direttore del carcere dell'immaginaria Sagunto, collocata dal regista in provincia di Salerno, ove esplode la rabbia dei detenuti. I toni sono drammatici e la tensione è da subito molto alta. Le sequenze che mostrano le disavventure carcerarie di Giuseppe sono interrotte dai resoconti della frenetica attività di Ingrid, nell'attesa di comprendere per quale motivo il geometra sia stato imprigionato - posto che vi sia, un motivo. Un film decisamente incisivo, fortemente critico verso l'apparato della giustizia e la burocrazia italiane degli anni '70. Il suo protagonista à il ritratto di un "cittadino modello", doppiamente vittima, per il trattamento ricevuto e per le cause dello stesso. Appassionante, senza dubbio segnante.

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