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L'amore il pomeriggio

Regia di Eric Rohmer vedi scheda film

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La recensione su L'amore il pomeriggio

di Aquilant
8 stelle

Sesto ed ultimo (!) racconto morale rohmeriano, l’unico di derivazione non letteraria, “l’Amore il pomeriggio” costituisce a suo modo la summa di quanto espresso da Rohmer nei cinque precedenti capitoli. L’autore continua ad affondare sempre più la lama nella piaga dell’insicurezza maschile, divertendosi a creare l’ennesimo sottile gioco di seduzione tramite la mangiauomini di turno, apparentemente la più tenace ed agguerrita dell’intera serie, in grado di tener testa con alterna fortuna fino alla fine al suo antagonista preso tra l’incudine di un richiamo erotico destabilizzante ed il martello di un sano moralismo legato al concetto di fedeltà coniugale.
Tale dilemma dà l’avvio ad un sottile gioco di coincidenze, casualità, appuntamenti mancati oltre che a larvate realtà sotterranee che alla fine lo spettatore dovrà tenere in debito conto nel tirare le somme perché mai come in questa sede il regista si diverte ad ingarbugliare le carte ed a rendere fuorviante una situazione di partenza dall’andamento apparentemente improntato ad un’indolente linearità della traiettoria narrativa.
Il racconto è tutto pervaso da una sottile ambiguità di fondo e letteralmente dominato dai frequenti primi piani di Chloé, fascinosa seduttrice dalla sottile vena malinconica, che assume soltanto in apparenza le sembianze di un diavolo tentatore teso a far sprofondare nei più remoti recessi del peccato il suo interlocutore, ma che alla lunga si rivela in tutta la sua fragilità del suo dramma di donna innamorata alla follia destinata a cozzare contro una sorta di misoginia alimentata da scrupoli di carattere etico. L’opera dunque può essere letta come un capitolo dell’eterna lotta fra una moralità improntata a regola di vita ed una voglia di trasgressione costantemente in agguato di cui si fa carico il regista prolungando oltre i limiti dell’umana sopportazione il gioco dialettico fra le parti, riducendo i protagonisti alla stregua di pedine mosse da una mano sapiente ed immesse sulla scacchiera della vita a rappresentare una drammatica farsa ammantata di dubbi, ritrosie, turbamenti, tentennamenti, pulsioni frenate, tra mille espedienti che rinviano all’immancabile epilogo a sfondo buonistico proprio di ogni racconto morale. Ma una volta tanto la crudezza della battaglia lascia i suoi segni evidenti, e riallacciandosi alla conclusione de “La mia notte con Maud” Rohmer inserisce un analogo motivo di dubbio finale, ben più fumoso, in grado di modificare in chiave vagamente grottesca il percorso narrativo della storia. Ma non a caso il regista è maestro nel proporre situazioni oggettive e lasciare allo spettatore il compito di sbrogliare la matassa e ridefinire la situazione. Così anche quest’ultima opera può essere assunta quale motore di comportamenti che s’intersecano a vicenda provocando reazioni secondarie che soltanto un occhio esperto è in grado di cogliere. Ma se dalla “Boulangère di Monceau” a Chloé l’emancipazione della donna ha fatto passi da gigante, la via della seduzione continua a segnare costantemente il passo.













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