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Facile preda

Regia di Andrew Sipes vedi scheda film

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Dom Cobb

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La recensione su Facile preda

di Dom Cobb
1 stelle

Da sempre Hollywood è una macchina che fagocita ogni fenomeno di moda (e come tale, destinato ad essere bruciato in fretta) pur di assicurarsi un ritorno economico sicuro: tra le "prede" preferite dalla mecca del cinema ci sono quei personaggi, nati nel sottobosco del gossip e del fashion, che hanno a che fare ben poco con il cinema. E c'è da dire che tali scelte spesso nemmeno pagano. Un caso esemplare, da questo punto di vista, è dato dal film "Fair Game", nato con il solo ed unico scopo di lanciare come attrice la allora in voga top model Cindy Crawford; tutto il resto è un puro contorno di rara inconsistenza. Nel film la Crawford è un avvocato specializzato in cause divorzili (e già a questo punto la sospensione dell'incredulità è già messa a dura prova) che si ritrova braccata da un gruppo di ex-agenti del KGB (cattivi già presenti in altri milioni di film degli anni '80 e '90) per tutta Miami e la cui unica speranza di salvezza è data da un eroico poliziotto locale, interpretato da William Baldwin. "Fair Game" è, perciò, il classico action-movie standardizzato messo in cantiere dal produttore Joel Silver, specializzato in film da grandi numeri; il problema in questo caso è che tutta la trama si riduca ad un continuo ed incessante inseguimento tra i due protagonisti e gli agenti KGB; inseguimento che, alla lunga, tende a diventare noioso e ad assolutamente risaputo nella sua prevedibilità: nessun colpo di scena, personaggi bidimensionali come delle sagome, sviluppi della trama stra-telefonati. Il regista Andrew Sipes - uno shooter totalmente sconosciuto ed altrettanto in fretta sparito nel nulla - si limita a filmare continue scene di stunt che prevedono esplosioni ed incidenti d'auto, tutti quanti esagerati: infatti, se da un lato i russi "kattivi" fanno la figura dei cretini, sparando quintali di munizioni e non colpendo i due protagonisti manco di striscio, i nostri due eroi sono la quintessenza del miscasting all'interno di un film. La Crawford semplicemente non è un'attrice (e dopo questo film, per fortuna, non si è più ripetuta) ed infatti, in qualsiasi momento si dimostra totalmente inadeguata e poco credibile nel suo ruolo: recita male e, data proprio la sua immagine di top model, è ancor meno credibile come eroina d'azione. Ripeto, visto che questo film non è altro che una "marchetta" costruita attorno alla stessa Crawford, era necessario affiancarle come co-protagonista un attore di scarsa rilevanza che non la oscurasse totalmente: ecco spiegata, allora, la scelta di William Baldwin, fratello minore e di minor carisma rispetto ad Alec Baldwin, anch'egli carente della stoffa necessaria per essere protagonista; c'è altrettanto poco da dire sul ruolo che interpreta: il suo aitante poliziotto si perde nel nulla della banalità del già visto. Sprecato per la milionesima volta l'attore Steven Berkoff, usato dal cinema quasi sempre come villain, che si limita a svolgere il proprio compitino di capo dei cattivi che passa il tempo a dare ordini e a tramare piani che non funzioneranno mai. Berkoff viene riconosciuto soprattutto come cattivo nel primo film della saga "Beverly Hills Cop", ma si tratta di un attore altrettanto attivo a livello teatrale e che vanta un curriculum di ruoli scespiraiani: insomma, un buon curriculum attoriale tendenzialmente sprecato. E pensare - a proposito di sprechi -  che il cast può contare su nomi e professionisti di un certo rilievo, ma gente come Salma Ayek, Dan Hedaya e Miguel Sandoval (più bravi dei protagonisti stessi) appaiono pochi minuti sullo schermo e non sono utili alla trama. Come finisce il film? Che i buoni vincono ed i cattivi muoiono tutti (che colpo di scena...) ed in più il personaggio della Crawford e di Baldwin si innamorano pure (giusto per non farsi mancare alcun luogo comune). In conclusione, "Fair Game" è solo e soltanto uno spottone girato in favore della modella Cindy Crawford, un insulto al concetto di cinema d'azione: qualche sparatoria e qualche esplosione senza uno straccio di trama non trasformano una chiavica in un buon film di genere. O meglio, più che un film, un prodotto esemplare alla fiera della banalità e del riciclo.

Baldwin e Crawford, anonimi protagonisti di "Fair Game"

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