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Una città chiamata bastarda

Regia di Robert Parrish, Irving Lerner vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Una città chiamata bastarda

di Ethan01
5 stelle

Nel Messico del 1905, una donna (Stella Stevens) capita in una cittadina controllata dal bandito Don Carlos (Telly Savalas), alla ricerca dell'uomo che ha ucciso suo marito. Ma anche un sanguinario colonnello dell'esercito messicano (Martin Landau) sta cercando la stessa persona.
"Una città chiamata bastarda" costituisce indubbiamente uno dei più sconclusionati e pasticciati western americani del periodo.

Realizzato con il contributo di fondi spagnoli e, conseguentemente, girato "in loco" (in Almerìa e a Daganzo), il film in questione assomiglia molto ad uno dei tanti spaghetti-western girati dal Demofilo Fidani di turno. In effetti Robert Parrish aveva dimostrato tutt'altre capacità in film quali "Pianura Rossa", "Il meraviglioso paese" e "Lo sperone insanguinato": che questo sia un lavoro che egli avrà accettato per ragioni squisitamente alimentari è fuori discussione, tenuto conto anche del fatto che qui sembra dirigere con la mano sinistra e senza particolare convinzione.

"Una città chiamata bastarda" è indubbiamente influenzato dall'atmosfera e dalle situazioni che avevano caratterizzato film quali "I professionisti" e "Il mucchio selvaggio": ma le similitudini finiscono qui. Perché per il resto, il film di Parrish è un western scritto e (soprattutto) montato con i piedi, pieno di tagli e buchi di sceneggiatura che rendono vari snodi della trama poco comprensibili se non addirittura insensati. È un film in cui convivono goffe e farneticanti istanze filo-rivoluzionarie con simbolismi privi di significato (la statua del Bambin Gesù che Robert Shaw prende in custodia e cerca di riparare) e persino con situazioni che ci si aspetterebbe di trovare in un film della "Hammer" (Stella Stevens che dorme nella bara contenuta nel carro funebre).

E gli attori coinvolti non fanno gran che per migliorare la situazione: il peggiore di tutti è Robert Shaw, impegnato nell'improbabile ruolo di un rivoluzionario che ha perso gli ideali e che adesso si finge prete; abbiamo poi Telly Savalas (che esce di scena in maniera piuttosto repentina) e Martin Landau che gigioneggiano senza freni nella parte dei "cattivi". C'è addirittura una breve partecipazione per l'attore inglese Michael Craig, mentre Fernando Rey, quasi irriconoscibile, recita nel ruolo di un vecchio cieco.

Anche le scene d'azione sono piuttosto raffazzonate, e non basta il ricorso ad una consistente dose di violenza (per l'epoca) per "vivacizzare" il tutto.

All'attivo avremmo soltanto l'ottima fotografia e "qualche residuo" del buon mestiere di Parrish, che si nota nella cura prestata per certe inquadrature e per alcune angolazioni di ripresa. Per il resto, "Una città chiamata bastarda" è una pellicola più scombinata che altro, talmente delirante che, paradossalmente, potrebbe assurgere al rango di "scult": chissà infatti se Quentin Tarantino l'avrà aggiunta alla sua personale cineteca di pellicole trash.

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