Regia di Nanni Loy vedi scheda film
Un film che ha l'odore caldo e penetrante dei treni di una volta, che sapevano di metallo logoro, cuoio consumato e velluto vecchio. I vagoni degli emigranti e dei pendolari, traboccanti di un'umanità stanca ma non arresa, formano una colorita carovana, che offre un invitante riparo alla clandestinità degli amanti adulterini, dei borseggiatori e di tutti i maestri dell'italica arte di arrangiarsi. Michele Abbagnano, il venditore abusivo di caffè, è la figura emblematica di quella parte sommersa della società nostrana che vivacchia appena sotto la superficie, come una macchia di muschio sulla chiglia della nave Italia. Egli è un "parassita" che non invade e non erode, e si limita a lambire la vita dei normali viaggiatori col suo fare selvatico e spontaneo. Egli è la fame e la miseria che si stringono l'una all'altra per formare una persona ed inventarsi una dignità, improvvisando storie pittoresche in cui gli altri amino riconoscersi. È la disperazione, in fondo, l'unico, desolante nucleo di verità in questo personaggio, sfuggente e mutevole come un pupo in un frenetico teatrino: costretto a comparire e scomparire in continuazione, da un lato si nasconde per non essere arrestato, dall'altro attira l'attenzione per piazzare la sua merce, interpretando una versione funambolica, istrionesca e compassionevole di "Come tu mi vuoi". È vero che "Café Express" è un film grezzo, dalla forma poco fluida; la comicità, sporadica, è quella cabarettistica della battuta, ed il paesaggio umano è costituito, ad eccezione del protagonista, quasi esclusivamente da tipi a senso unico, privi di qualsiasi spessore psicologico. Eppure l'opera ha, nel complesso, un carattere sferzante, corposo e dal retrogusto amaro, proprio come un sorso di caffè non zuccherato.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta