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Non c'è più religione

Regia di Luca Miniero vedi scheda film

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La recensione su Non c'è più religione

di Furetto60
5 stelle

Commedia di Luca Miniero.Niente di speciale e di originale, però il prodotto è garbato, il cast è affiatato e il film strappa qualche risata

A Porto Buio, una piccolissima e immaginaria isoletta delle Tremiti, ogni anno si organizza un celebre presepe vivente, unica vera attrazione in un posto dimenticato dagli uomini e da Dio. Le dolenti didascalie dell’incipit ci rammentano il triste primato che appartiene all’Italia tutta, dove nascono 0,65 bambini a famiglia, ma ci sono 2 cellulari e mezzo per ogni abitante. È così anche nella piccola isola di Porto Buio, nel mezzo del Mediterraneo, dove da anni non nascono più bambini;il consueto interprete di Gesù bambino è ormai un adolescente con i brufoli, cresciuto sia in lunghezza che larghezza, non può più reggere questo ruolo e allora anche allestire un presepe diventa un problema, Il paese deve trovare al più presto un neonato da mettere nella mangiatoia famosa. Il neo eletto sindaco alias Bisio, un politico esiliato nell’ isola dove è nato, dopo aver fallito miseramente come amministratore in quel di Milano, s’impegna a trovare un infante cui affidare il ruolo e non sapendo a quale Santo votarsi, si rivolge alla comunità islamica che convive dall’altra parte dell’isola, i cui rapporti con gli abitanti storici del paese, non sono molto teneri. A capo c'è Marietto, alias Alessandro Gassmann, amico/nemico di infanzia di Cecco, convertito alla fede musulmana, per vocazione ma soprattutto per prendere in moglie la bella marocchina Aida, ha assunto il nome islamico “Bilal”. Spesso battibecca telefonicamente con la madre, Nunzia Schiano, preoccupata dalla “dieta religiosa” del figlio. Il terzo personaggio chiave della storia è suor Marta, alias Finocchiaro, che oltre a fare la levatrice, gestisce anche una pizzeria, anch’ ella amica d’ infanzia di Mario e del sindaco, anzi proprio lei causa del loro distacco, in quanto entrambi ne erano innamorati.  Bilal promette a Cecco che sarà proprio suo figlio, la cui nascita coinciderà proprio col Natale, a fare il Bambinello nel presepe, ma si vuole togliere dei sassolini dalle scarpe per gli antichi dissapori, cosi in cambio del “temporaneo” prestito dell’attore neonato, pretende tutta una serie  di concessioni, urtando la suscettibilità di Suor Marta poco propensa a cambiare le tradizioni: intanto modifica completamente l’aspetto del  presepe facendolo diventare un paesaggio orientaleggiante da “mille e una notte”, poi  impone che anche i cattolici si sottopongano al Ramadan, infine obbliga la Chiesa ad ospitare anche riti di culto islamico. Miniero non fa eccessivi sforzi di fantasia e ripropone una formula ormai collaudatissima e quasi sempre vincente: la dicotomia tra culture o consuetudini o etnie diverse, in questo caso addirittura tra religioni diverse, che poi però trovano delle inaspettate affinità e una definitiva conciliazione, perché in fondo le persone si somigliano un po’ tutte. Utilizza il duetto rodato in altri film, Claudio Bisio e Angela Finocchiaro, ai quali qui affianca anche un ottimo Alessandro Gassman; cosi prende vita la “favoletta” la vita corale di un paese con le sue maschere: il parroco, il sindaco, il fornaio razzista, il ragazzotto obeso e dulcis in fundo il vescovo “inquisitore”; insomma una leggera, ma garbata commedia degli equivoci in salsa nostalgica. Tuttavia il meccanismo narrativo, spesso si inceppa, ci sono tempi morti e inutili ridondanze. Si citano passi del Corano e della Bibbia, si invocano divinità africane e compaiono perfino riti buddisti. Un calderone, in cui ci si mette di tutto e di più, anche troppo;si sorride, talvolta si ride anche,ma gli spunti di riflessione restano tali e non prendono sostanza. Il regista è dichiaratamente nazional-popolare, dunque palesemente a caccia di pubblico di bocca buona, dunque malgrado si accenni a temi delicati e importanti come l’integrazione, la discriminazione, la religione, si resta comunque molto in superfice.

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