Regia di Carlo Lizzani vedi scheda film
Prima del Dangerous Method, c’era già stata una torbida storia d’amore che coinvolgeva Jung, per quanto qui si parli di un amore senza amore dichiarato e lontana dal coronamento sessuale che certo stava alla base della relazione tra Jung e la Spielrein raccontata nel recente film di Cronenberg. La storia è quella di una donna italiana ritenuta malata (schizofrenica o squilibrata, a seconda delle superficiali e poco affidabili diagnosi) dai medici che l’hanno in cura. L’unico che tenta di andare a fondo è il giovane Jung, che contro tutto e tutti va alla ricerca dell’origine del disagio.
Proprio questo aspetto conferisce un’atmosfera quasi da giallo ad un film tutto sommato sospeso tra il mélo e l’inerme, instabile come la sua protagonista per la mancanza d’equilibrio tra singolo (Emilia, nella fattispecie) e contesto, ma anche interessante e curioso anche grazie all’originalità di un tema poco frequentato dal cinema italiano. Due mondi a confronto in sede di sceneggiatura: la perfezione classica di Furio Scarpelli e il minimalismo femminista di Francesca Archibugi, e alla regia un uomo buono per tutte le stagioni, quel Carlo Lizzani che nel corso della carriera si è misurato con molti generi.
Cattiva non è sicuramente il suo film migliore, spesso debole, ma ha un suo fascino malsano che gli proviene dalla fotografia densa di Daniele Nannuzzi che gioca tra interni cupi ed esterni ariosi, dall’appassionante colonna sonora di un bizzarro Armando Trovajoli e dalla strepitosa interpretazione di Giuliana De Sio, alle prese con il ruolo più complesso, rischioso e stimolante del suo percorso d’attrice. Attorno a lei, uno stuolo di ottimi comprimari (Erland Josephson, Milena Vukotic, Didi Perego, Luisa Maneri) e Julian Sands che, diciamolo francamente, ha la credibilità di un pesce lesso.
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