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Il vocabolario dei sentimenti - Illusione (7)
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Al mio ritorno a casa ero incredulo. April mi aveva sorpreso con una festa per il mio compleanno. Solo noi e i nostri due bimbi. April era completamente diversa dalla donna gelida, annoiata e distante che avevo salutato al mattino, prima di andare al lavoro. Piena di attenzioni e di affetto, sorridente, inaspettatamente serena e gentile. Era carica di un entusiasmo contagioso che non avevo mai visto nei suoi occhi, nemmeno nei pochi momenti felici della nostra tormentata relazione. Dopo avere messo a nanna i piccoli, è bastata una parola per aprirmi un nuovo mondo, una nuova prospettiva: Parigi. April aveva trovato la soluzione ai nostri affannosi problemi quotidiani. Cambiare tutto, andare via da quel paese plastificato e colorato, fuggire dal “disperato vuoto della vita” che anno dopo anno ci aveva inesorabilmente annichilito ed addormentato, condannandoci ad un’esistenza piatta, alienante, senza stimoli, carica solo di lamentele, rimpianti, rabbie e rancori. Ero stanco di dover dimostrare agli altri di essere ciò che non ero. Un perfetto padre di famiglia con un lavoro sicuro e piacevole, una moglie dolce e premurosa, due figli adorabili. Basta con queste menzogne! Basta con questa facciata ipocrita che prima di tutto ingannava noi stessi! Basta accontentarsi di una vita mediocre e senza qualità!

“Non è realistico che un uomo intelligente come te continui a fare anno dopo anno un lavoro che non sopporta, che torni a casa in un posto che odia, da una moglie che odia le stesse cose. Vuoi sapere qual è la cosa peggiore? Tutta la nostra esistenza qui si basa sul presupposto che siamo speciali e superiori rispetto a tutto il resto. Ma non lo siamo. Siamo come tutti gli altri. Guardaci. Ci siamo bevuti la stessa ridicola illusione. L’idea che ci si debba ritirare dalla vita e sistemarsi quando si hanno dei figli. E ci puniamo l’un l’altra per questo.”

April aveva dannatamente ragione. Dovevamo smetterla di punirci e di soffrire. Dovevamo darci un’altra possibilità. Parigi era la soluzione giusta. Mi sentivo nuovamente appassionato ed innamorato della vita, capace di provare emozioni che avevo dimenticato, o forse mai provato. La sola sensazione di non fare più quel monotono viaggio in treno per andare al lavoro, svolgere quel patetico e squallido impiego d’ufficio accanto a colleghi mediocri e tediosi, non dover frequentare i vicini di casa ignoranti e rumorosi mi convinceva di quanto l’idea di April fosse geniale ed elettrizzante. Con la sua ritrovata energia, mia moglie era riuscita ad allontanare dalla mia mente ogni dubbio, ogni paura, ogni possibile incognita e titubanza. Una concreta speranza, un sogno vicinissimo, a portata di mano, illuminava d’improvviso la nostra grigia e demotivata esistenza, dandole un rinnovato senso. Mai avrei potuto immaginare che quella sarebbe stata l’ultima e la più tragica delle nostre illusioni.

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