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Giorni di gloria... giorni d'amore

Regia di Mark Rydell vedi scheda film

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La recensione su Giorni di gloria... giorni d'amore

di degoffro
8 stelle

"For the boys" recita il titolo originale: e proprio per ragazzi, spesso giovanissimi ma già impegnati in guerra, come emerge nella potente sequenza bellica ambientata in Corea, Dixie Leonard e Eddie Sparks allestiscono spettacoli ironici e musicali, allegri e vivaci, spassosi ed esilaranti, regalando così a questi giovani momenti di serenità, svago e divertimento, necessari per distrarli dalle brutture e violenze inaudite di una realtà con cui si trovano a convivere quotidianamente. Autentici trascinatori di folle ("Quanto li amavano i soldati"), Eddie e Dixie sono una vera e propria industria: "più famosi di Stanlio e Ollio, di Bob Hope e Bing Crosby, e di ogni altra coppia comica; fanno ridere, e le risate fanno incassare." Il sensibile ed esperto Mark Rydell imbastisce una specie di saga attraverso tre terribili guerre (seconda guerra mondiale, Corea e Vietnam) vissute dai combattenti nord americani, con uno strascico di morti e dispersi, affidata a un duo di artisti, che non di rado si esibivano in prima linea. Notevole il lavoro di ricostruzione storica, forti ed appassionanti le scene di stampo bellico (splendida quella cruda, già citata, ambientata in Corea, "paradiso tropicale" in cui i due protagonisti vengono di colpo catapultati tra fango, polvere, spari e sangue, così come ottima, anche se troppo telefonata e prevedibile, è la sequenza della morte del capitano Danny, figlio di Dixie, combattente amaro e deluso), acuta ed intelligente la critica al maccartismo, mietitore di vittime ideologiche, "una vera carneficina", che porta a trattare anche gli amici più cari come spazzatura (vedi la toccante ed emozionante sequenza del licenziamento di Art, autore dei testi e manager di Eddie, nonché zio di Dixie, silurato, nonostante i tanti anni di lavoro insieme e senza troppi preamboli, da Eddie, che non ha nemmeno il coraggio di comunicarglielo di persona, lasciando l'ingrato incarico al suo produttore Sam), potente e mai retorica od enfatica la vena pacifista (commovente e sincera la sequenza in cui Dixie, in Vietnam, tra soldati urlanti, eccitati e festosi, dopo avere finalmente visto una bella ragazza che seducente balla per loro, ottiene il più assoluto silenzio ed un totale coinvolgimento emotivo da parte degli stessi ragazzi cantando "In My Life" e chiudendo con il segno della pace, imitata poi da tutti i soldati, così come giusto, deciso e rabbioso è lo sfogo finale di Dixie, ormai anziana ed incapace ancora di farsi una ragione per la morte del figlio Danny, che attacca duramente l'inutilità, la follia, la disumanità, l'assurdità e la stupidità di una guerra fatta per l'onore della patria - sarebbe da far vedere e rivedere a Bush, se servisse a qualche cosa), efficace e coinvolgente la descrizione del mondo dello spettacolo dove emerge il vincente sodalizio fra i due protagonisti, che, fra battibecchi artistici, ma anche sul valore dell'educazione e sul reale ruolo del genitore (in uno scambio di battute davvero esilarante ed irresistibile determinato dalle idee diametralmente opposte tra Dixie e Eddie su come far crescere il piccolo Danny), rivelano comunque una stima ed un affetto radicato, importante la riflessione sul determinante e anche necessario contributo degli artisti americani agli sforzi bellici, spigliate e spesso spregiudicate le parentesi ironiche, giocate di continuo su allusioni e battute a sfondo sessuale che accendono l'entusiasmo delle folle, efficaci e velenose molte battute ("Io credevo che Karl Marx fosse il sesto dei fratelli comici Marx" dice Dixie, dopo essere stata "spazzata via come la rogna" per la sua verve contestatrice e filocomunista), veritiere e sincere altre ("Le cose che vorresti dimenticare ti perseguitano tutta la vita"), spiritosi e davvero gustosi certi show allestiti dai due protagonisti (su tutti il primo, beffardo e pungente, dominato dalla iniziale timidezza ed insicurezza di Dixie per la prima volta su un palcoscenico, con un vestito improvvisato ed una tensione alle stelle e l'ultimo, delicato e struggente, in cui i due vecchi idoli dei combattenti ritornano sotto i riflettori e alla ribalta, sorridenti e spigliati come nei giorni lontani, ma anche con le lacrime agli occhi, ripensando a quel ragazzo perduto nel Vietnam da Dixie e amato da Eddie come un figlio), ammirevole l'intuizione di evitare la classica e risaputa storia d'amore tra i due protagonisti che così rimarranno sempre e solo colleghi e amici, mai amanti, se non per una notte in Corea, a conclusione della quale Dixie si sentirà profondamente amareggiata e delusa ("Questi ragazzi muoiono per un nonnulla e noi siamo qui a scopare"), forse troppo calcolate e sfacciate le parentesi melò (ogni volta che Dixie ritrova qualche caro, che sia il marito o il figlio, inevitabilmente subisce una tragedia), anche se il tono sentimentale non diventa mai sentimentalistico o lacrimevole, convincente e funzionale anche se non molto originale la struttura a flashback, con Dixie, ormai anziana ma non certo addolcita dagli anni ("Se vuoi roba dolce comprati dodici bigné", dice al ritrovato Eddie), che rievoca la gloria e i fasti del passato. Al successo della storia e dello spettacolo contribuiscono in modo significativo una solida e ricca sceneggiatura, una regia accattivante, un trucco che dà ottimi risultati (essenziale quando la ribalta è occupata da personaggi da prima giovani e vitali, poi grado a grado con le rughe dell'età e del dolore) e, infine, una poderosa colonna sonora di ben 25 canzoni d'epoca, molto ben scelta e perfetta nel sottolineare, accompagnare e anche commentare i momenti più significativi della pellicola. Da rimarcare poi le prove dei due protagonisti: da un lato James Caan, adattissimo nel ruolo del divo anni quaranta, un po’ patinato, gigione, alla moda, senza scrupoli e anche meschino (come nell'episodio del licenziamento di Art o quando convince Dixie a ritornare a lavorare in coppia con lui in Vietnam, occasione unica per lei per poter riabbracciare il figlio Danny), "invincibile, una magia, un soggetto generoso, tirchio, irritante, bravissimo, un autentico, garantito gran figlio di puttana, a cui piacevano tantissimo le donne", secondo Dixie; dall'altro Bette Midler vero ciclone e autentica artefice del progetto di cui è anche produttrice. Come cantante rivela doti eccelse, come attrice conferisce alla sua Dixie brusca, imprevedibile e determinata, una carica travolgente e passionale e una vibrante e scatenata umanità.
Voto: 7

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