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I senza nome

Regia di Jean-Pierre Melville vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I senza nome

di Inside man
10 stelle

Due uomini, Delon e Volonte, sono in un terreno, soli (campo lungo). Si sono incontrati forse per caso, diffidano l’uno dell’altro, la musica è dissonante (qui un raro caso di utilizzo linguistico della colonna sonora, non solamente in funzione emotiva). Scambiano qualche frase, mentre le rispettive inquadrature “di quinta” hanno angolature sempre più ravvicinate, intercalate ad altri campi lunghi. I personaggi cominciano ad intendersi (le note delineano un’abbozzo di melodia). Ancora brevi battute, sguardi soprattutto, in un montaggio alternato e secco, fino a quando il feeling diviene totale, i piani si stringono, la musica si diffonde. Una simbolica offerta di sigaretta e partono i primi piani, tremendi, uno di fronte all’altro, a sancire un’amicizia, una complicità totale che durerà fino alla morte di entrambi (finalmente una pausa ed un nuovo campo lunghissimo dei due “soci” solitari a cui presto si aggregherà un terzo ancor più disilluso compagno). Per me questa scena, LA SCENA, è l’essenza pura del cinema, una specie di elisir finale stile “Profumo”, summa e sublime paradigma di quali potenzialità d’espressione sia capace il linguaggio cinematografico nelle mani di un grande artista. “Le cercle rouge” è il vertice del talento di Melville; se ne “Le samurai” il suo stile era sposato ad una storia arida e nichilista di un rigore probabilmente troppo bressoniano, qui egli trova l’anima e il sentimento a far quadrare il cerchio della sua poetica dominata dall’ineluttabilità del destino. E’ quest’ultimo infatti, nelle moderne tragedie melvilliane, a decidere degli eventi, ed i suoi eroi, senza retorica, non possono far altro che ritagliarsi momenti e legami indissolubili da cui trarre le uniche sensazioni vitali. I personaggi fieri ed irreali di Melville, riescono sempre a lasciare un segno in vicende governate sin dal principio dal fato, “ove tutto è già scritto”. Il film vede anche le migliori interpretazioni in carriera di Montand e Bourvil, il primo in un ruolo sofferto e tormentato, il secondo nella parte del caparbio poliziotto, nostalgico alter-ego del protagonista (com’era in voga sempre più spesso da “Sentieri Selvaggi” in poi). Indimenticabili anche le splendide scene della rapina (montaggio e tensione micidiali, con la particolarità che è muta, della durata esatta di 20 minuti, con un’unica battuta allo scoccare del 10 minuto) ed il piano-sequenza finale di Bourvil, con carrellata all’indietro, enigmatico omaggio all’attore morto subito dopo il termine delle riprese. Capolavoro da tramandare, anche perché siamo in anticipo di qualcosa come 30 anni su “Heat”.

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