La recensione su Les Vies de Thérèse

di alan smithee

7 stelle

Anziché soffermarsi sul ricordo ufficiale di Thérèse, Lifshitz ci documenta la donna che a 40 anni, dopo aver allevato in modo irreprensibile 4 figli, decide di seguire l’istinto, il cuore, lasciando il sentiero moralmente ineccepibile, ma forzato, per dedicarsi alle proprie aspirazioni, alla propria vocazione ed ispirazione sessuale. Toccante.

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A pochi anni di distanza dal precedente lavoro, Les Invisibles, Sébastien Lifshitz torna ad occuparsi, ma questa volta singolarmente e come un omaggio intimo rivolto ad una persona cara, di Thérèse Clerc, qui ripresa, dietro sua stessa volontà, nell’ultimo periodo di vita, attorniata dai suoi quattro figli e dai relativi nipoti, dopo una vita, anzi almeno due differenti vite, spese rispettivamente ad allevare la sua famiglia naturale, e poi quella delle comunità che diresse, volte alla salvaguardia dei diritti delle donne single.

Più che soffermarsi sul ricordo de La Maison des Femmes, casa di riposo per donne autogestita e sorretta da principi di solidarietà e dettami a sfondo ecologico, fondata a Montreuil nel 1997, ovvero sulla operazione che più la rese celebre, questo mediometraggio intende presentarci la Thérèse donna, quella che a quarant’anni, dopo aver allevato in modo irreprensibile quattro figli, decide di seguire l’istinto, il cuore, e di lasciare la convenzione e il sentiero moralmente ineccepibile, ma forzato, per dedicarsi alle proprie aspirazioni, alle proprie attitudini, alla propria vocazione ed ispirazione sessuale.

Una scelta difficile, che fa onore ad una donna coraggiosa, qui attorniata dai figli amorevoli e disposti a fornirci un ritratto toccante e nostalgico della coraggiosa, intransigente ma anche dolce genitrice.

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