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The Barbarians & Co.

Regia di Ruggero Deodato vedi scheda film

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La recensione su The Barbarians & Co.

di Dik
3 stelle

Cinque anni dopo "Conan il barbaro" (1982) di John Milius, quando la moda per questo tipo di pellicole era passata da un pezzo, la Cannon dei cugini Globus e Golan mise sul piatto quattro milioni di dollari per ridare vitalità al genere. Girato nel nostro Paese con protagonisti statunitensi e caratteristi italiani, è un noioso carrozzone in costume da Carnevale, un chiassoso videogame (ai tempi era uscito anche quello) coinvolgente come una tribuna elettorale trasmessa a notte fonda. L'incasso, contando gli spiccioli nelle tasche, si è aggirato intorno agli ottocentomila dollari... un'operazione tutt'altro che brillante. Questa debacle, non è certo colpa delle maestranze italiane, le quali annoverano Alabiso al montaggio, Mangano alle scenografie oppure Donaggio alle musiche e non è neppure colpa dei gemelli Peter e David Paul, la cui enorme muscolatura è sì inversamente proporzionale alla loro capacità recitativa ma, in fondo, fanno quello che viene loro detto. Ai "The barbarian brothers" (così si facevano chiamare), veniva chiesto solo di urlare come bestie selvatiche in segno di giubilo, dire stupidaggini, prendersi per i fondelli a vicenda e risolverla sempre a botte dando sfoggio della loro forza... e loro, fedelmente, eseguivano. La responsabilità è di altre due persone: James Robert Silke, che scrive una trama di scarsissimo valore ed una sceneggiatura piatta, tediosa, mai coinvolgente e Ruggero Deodato, che il regista lo sa fare, ma questo lavoro, accettato per puri scopi alimentari, semplicemente non lo interessava.

La bella Eva LaRue (Eva Maria LaRuy), già a suo agio davanti alla telecamera, è qui al suo debutto cinematografico.

 

Discreta colonna sonora di Pino Donaggio (Giuseppe Donaggio), che scrive anche la canzone "Ruby dawn", cantata da Ronnie Jackson, presente nei titoli di coda.

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