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Chi l'ha vista morire?

Regia di Aldo Lado vedi scheda film

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La recensione su Chi l'ha vista morire?

di maso
6 stelle

Un veneziano puro sangue come Aldo Lado ha trovato nella sua umida città il teatro perfetto per ambientare questo sinistro giallo di indiscutibile sapore argentiano nel quale coabitano pregi e pecche in egual misura.

Il preambolo sulla neve, dove compare la inquietante figura del killer, spinge subito i brividi lungo la schiena grazie anche al coro delle voci bianche che ricorrerà in maniera ossessiva per tutta la prima mezz'ora durante la quale la vittima predestinata Nicoletta Elmi si aggira per le calli veneziane sotto gli occhi di quella vecchietta sinistra che Lado riprende sempre in maniera fugace o ponendo la telecamera in soggettiva, a volte anche filtrandola attraverso la retina che le scende dal cappello, dando la possibilità allo spettatore di immedesimarsi con i suoi movimenti ed evidenziando da subito una regia fantasiosa arricchita da una luce impeccabile fra le piazzette e i canali, ma di contraltare anche una pochezza narrativa che è conseguenza ovvia di una sceneggiatura imbarazzante che porta il pubblico a porsi troppe domande superflue su ciò che sta avvenendo nel film.

Dopo questa lunga prima parte dedicata all’agire dell’assassino sale in cattedra il protagonista della storia, lo scultore Franco Serpieri interpretato con apprezzabile disinvoltura dal mitico George Lazenby che era reduce dalla travagliata esperienza nei panni di James Bond nel bellissimo “On her majesty’s secret service”, Lado era intenzionato a scritturare Marlon Brando in un momento di stallo della sua carriera e la superstar avrebbe anche accettato se non fosse che Bertolucci e Coppola lo avevano messo in stand by per partecipare a due film epocali come “Ultimo tango a Parigi” ed “Il Padrino” per cui non se ne fece nulla, Lado quindi optò per l’ingaggio di George Lazenby che era al verde e voleva incassare qualche soldo per rientrare in Australia visto l’andazzo non troppo promettente della sua carriera, racimolò a mala pena i soldi per l’aereo ma non sfigura assolutamente nei panni dello scultore dall’aria hippie anche se è chiaro che Brando avrebbe dato più richiamo al film; come detto però il problema più grosso di “Chi l’ha vista morire” è una sceneggiatura piena di buchi che procede a singhiozzo sull’indagine di Serpieri alla ricerca dell’assassino delle bambine con i capelli rossi evidenziando come Lado condivide sia i pregi che i difetti del cinema di Dario Argento notoriamente pigrissimo nello scrivere le sue storie e mediocre nel raccontarle: la sequenza del cinema con il primissimo piano degli occhi di Ginevra cerchiati di nero e la bocca che si riempie di sangue rimanda a “Profondo Rosso” e suscita un brivido genuino ma sembra un po' inverosimile così come la sequenza dell’appartamento dove Anita Strindberg è insidiata da misteriosi guanti neri che fanno scorrere acqua bollente nella vasca, come nella scena sopra citata il brivido c’è ma viene dissolto in un gesto incomprensibile e seppur costruita ottimamente dal regista appare fuori contesto in un film in cui i pezzi del puzzle vanno al loro posto solo pigiando con forza su di essi tanto che non si può condividere l’indagine di Serpieri perché le sue scoperte ci vengono spiegate a malapena e per individuare il colpevole non si può far altro che tirare a indovinare, l’unico aspetto apprezzabile dell’intreccio è che ci porta spesso a puntare il dito su chi è esente da colpe ma appare anche ovvio vista la confusione narrativa della storia.

Un altro aspetto del cinema di Argento che Lado ricalca in parte è la direzione degli attori un po superficiale anche se devo ammettere che va oltre la sufficienza abbondante perché escluso il protagonista e sua moglie tutti gli altri hanno quell’alone di mistero che può farci immaginare che siano dei maniaci, il problema è ancora una volta nello script che non concede loro una adeguata introduzione, la regia però tiene a galla il film nelle belle scene d’amore alquanto spinte per il 1972 e negli esterni su Piazza San Marco immersa nell’alta marea, il Ponte di Rialto con le sue botteghe chiuse, il canal grande con i suoi motoscafi in continuo passaggio, pecca invece nella messa in scena di qualche ceffone piuttosto fasullo più per la direzione di Lado che per negligenza degli interpreti anche perché George Lazenby è sinonimo di qualità nelle scene d’azione nonostante fosse dimagrito di 20 kili rispetto alla sua prova come OO7.                         

E’ un peccato quindi che una regia molto vivace e di talento sia stata vanificata da uno schematismo così becero dello script perché se avessero curato a dovere questa parte fondamentale del filmaking “Chi l’ha vista morire” sarebbe oggi un classico del giallo all’italiana anni settanta.

Cosa cambierei

Riscriverei tutto lo script davvero confusionario e pieno di voragini che fanno perdere almeno una stella alla mia valutazione.

Aldo Lado

Venezia è la sua città e si vede dall'amore con cui la riprende.

George Lazenby

Recita senza erudizione ma ciò esalta la sua naturalezza, comunque mitico.

Adolfo Celi

Poco sfruttato ma sempre bravo.

Anita Strindberg

Classica bellezza nordica un po' gelida nel recitare.

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