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Caffè

Regia di Cristiano Bortone vedi scheda film

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La recensione su Caffè

di alan smithee
4 stelle

Il caffè sprigiona un aroma inconfondibile, ma anche tre storie drammatiche che si dipanano da tre angoli del pianeta lontani tra loro, con interconnessioni che vedono intrecciarsi alcuni risvolti tra i più drammatici o toccanti. Progetto interessante, di fatto originale e ambizioso, che frana nell'intreccio dai risvolti consolatori e moralistici.

locandina

Caffè (2016): locandina

VENEZIA 73 - GIORNATE DEGLI AUTORI - EVENTO SPECIALE

Tre storie drammatiche, tre svolte epocaali e devastanti che hanno per protagonisti tre individui di classi sociali, etnia e provenienze differenti, ed un unico comune denominatore: il caffè, bevanda o pianta oggetto di coltivazioni ed animo di un commercio che dà impiego e risorse ad intere economie di paesi da troppo tempo in via di sviluppo.

Dall'Italia, dal Belgio e fino ad arrivare in Cina, tre percosi accidentati e funestati di difficoltà ed imprevisti che finiscono in qualche modo per intrecciare le esistenze dei molti personaggi legati ad almeno una delle tre storie.

Cristiano Bortone porta a Venezia un'opera indubbiamente singolare, una coproduzione dalle aspirazioni e dalle dinamiche senz'altro originali e meritevoli di nota.

Peccato che, man mano che ogni vicenda tenta di raggiungere il suo epilogo, viene invischiata in una enfasi narrativa senza controllo che rende improbabili le varie svolte, nonché eccessivamente retoriche le logiche di fondo che parrebbero ispirare una ideale e sin troppo avveniristica lezione morale sottintesa ed evocata.

Dario Aita, Miriam Dalmazio

Caffè (2016): Dario Aita, Miriam Dalmazio

scena

Caffè (2016): scena

Hishem Yacoubi

Caffè (2016): Hishem Yacoubi

Forse uno scarso controllo delle dinamiche delle tre storie crea un guazzabuglio di svolte improvvise quasi imbarazzanti: il gestore del banco dei pegni che sopravvive ad una pugnalata in pieno petto e poi all'incidente d'auto sfiora l'assurdo; il manager arrivista che si converte e ritorna alla coltivazione dei campi di famiglia, e si prende cura della pittrice "del caffè" colpita da leucemia sembra una deriva da fotoromanzo; il barista talentuoso che si dà al crimine e poi ne esce bellamente alla faccia di tutti gli altri suoi compari, mentre la sua donna ovviamente partorisce nell'unico momento in cui non sarebbe opportuno è un tranello narrativo puerile e ingannevole.

Senza contare tutti quei personaggi di contorno stereotipati e stravisti che impediscono anche ad attori del calibro di Ennio Fantastichini, spesso superlativo, di rendersi credibili od originali.

Peccato davvero, perché le premesse per una operazione nuova, interessante ed ambiziosa c'erano tutte.

Certo la capacità di intreccio delle vicende che ha reso immortale o ineguagliato il cinema di autori d'eccezione come Altman o Kieslowski, non è terreno accessibile a tutti solo con una idea innovativa e la buona volontà che già di per se premia i virtuosi, ma qui certe derive narrative incontrollate e puerili potevano davvero essere evitate senza scomodare paragoni imbarazzanti con quei maestri assoluti.

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