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Istanbul e il Museo dell'Innocenza di Pamuk

Regia di Grant Gee vedi scheda film

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La recensione su Istanbul e il Museo dell'Innocenza di Pamuk

di EightAndHalf
10 stelle

Uno dei più lirici e maestosi esempi di incontro fra cinema e letteratura, Innocence of Memories nasce dalla fruttuosa collaborazione di Orhan Pamuk, premio Nobel nel 2006 per la letteratura, e Grant Gee, già apprezzatissimo autore di Meeting People Is Easy. sul gruppo Radiohead, e Patience (After Sebald) sul capolavoro letterario Gli anelli di Saturno. Così come in Patience, Grant Gee dimostra di saper entrare nell’opera d’arte con cui si confronta ed estrarne il cuore pulsante di problematiche, curiosità e poesia. In Innocence of Memories l’obbiettivo è raccontare la città di Instabul tramite il romanzo di Pamuk intitolato Il museo dell’innocenza, in cui si narra la storia d’amore di Kalem e Fusun, tormentata prima dall’ingenuità di lui, poi dalla maturità di lei. Gee non ha ovviamente intenzione di esporre però la trama del romanzo nel suo film: il suo scopo è interrogarsi – anche filosoficamente – sulla scelta di Pamuk di aprire un museo in cui raccogliesse tutti gli oggetti che appaiono nel romanzo, e che sono quelli usati da Fusun e raccolti scrupolosamente da Kalem in un appartamento-museo che diventa un vero e proprio santuario di questo particolare amore incondizionato.

 

scena

Innocence of Memories - Orhan Pamuk's Museum and Istanbul (2015): scena

 

Grant Gee e Orhan Pamuk hanno un grandioso interesse in comune: scoprire e sperimentare la commistione fra le arti. Aprendo il museo Pamuk permette di creare un reliquario del mondo fantastico da lui inventato, e invece realizzando questo film Grant Gee inserisce anche il Cinema, in maniera tale da trovare alla fine la più curiosa e contraddittoria, ma per questo stimolante, commistione di due dimensioni antiteche, il sogno e la realtà, la verità e la finzione, alla fine il visibile e l’invisibile. Per farlo, lascia che la storia venga raccontata come fosse vera dalla voce fuori campo di un personaggio del romanzo, Ayla, grande amica di Fusun, e alterna a questa la voce dell’audio-guida del museo di Pamuk, che è poi la voce dello stesso romanziere turco. Questi ripercorre le numerose pagine del romanzo per tracciare anche un ritratto trasognato e onirico della sua città, Istanbul, che la notte diventa un vero splendore intimo e quasi fiabesco.

 

Grant Gee

Innocence of Memories - Orhan Pamuk's Museum and Istanbul (2015): Grant Gee

 

Pamuk lo afferma esplicitamente: non gli interessa una gita cartolinesca nella sua città. E Gee, coerentemente a questa scelta, si sofferma sulle strade secondarie, sui vicoli, sulle vie più sporche e degradate, quelle che sovente dietro l’angolo nascondono un’oasi di magia, quei percorsi in cui le persone non camminano, ma incedono come fantasmi. L’uso della steady-cam, analogo a quella sokuroviana di Russian Ark ma con tutto altro significato e intento virtuosistico, permette di simulare il punto di vista di un’anima vagante, che inafferrabile guarda il mondo come distante eppure avvolgente, la stessa sensazione di estasi che prova lo spettatore guardando il film. E tramite le tante voice over – ad Ayla e Pamuk si aggiungono quelle di un tassista e di un piccolo lavoratore notturno – con Innocence of Memories facciamo un viaggio fantastico alla scoperta di com’è sottile il confine fra ciò che appare inesorabilmente opposto, e di com’è stupendo trovare il legame profondo tra le cose, tra le parvenze del reale, così come si smettono di distinguere sogni ricordi e realtà, perché è una divisione che smette di avere importanza, ai fini della Totalità, che è anche quella del desiderio amoroso.

 

scena

Innocence of Memories - Orhan Pamuk's Museum and Istanbul (2015): scena

 

Con riflessioni altissime e mai leziose sullo Spazio e sul Tempo, ma senza rinunciare a narrare una straziante storia d’amore, Grant Gee emoziona con un capolavoro inestimabile, che cita apertamente il Simbolismo (Spleen appare scritto più volte, e richiama al metodo poetico di Baudelaire, che negli oggetti e nelle cose trovava sempre un mondo di poesia, analogamente a come Paul Eluard, molto semplicemente, la poesia la "raccoglieva da terra") e il Surrealismo (le luci notturne della città a volte sovrastano l’immagine come nei lavori della Deslaw o in certe opere di Marie Menken, benché private del loro carattere più ipercinetico), innervando la sua opera con un’infinità di svolte imprevedibili e sequenze indimenticabili (la descrizione della sofferenza anatomica di Kalem dovuta all’amore incondizionato per Fusun, la spirale che nel museo fa incontrare Spazio e Tempo) per dimostrare le possibilità innovative della sperimentazione metalinguistica e della metamorfosi espressiva dell’immagine e dell’immaginario.

 

Fuori concorso nella selezione della Giornata degli Autori, Venezia 72.

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