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February - L'innocenza del male

Regia di Oz Perkins vedi scheda film

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La recensione su February - L'innocenza del male

di AuroraZwart
7 stelle

Dall’astro nascente Osgood “Oz” Perkins, figlio dell’iconico volto di Norman Bates.

Progenie metafisica e non dichiarata dell’immenso Elephant (Gus Van Sant) che segue da debita e rispettosa distanza, pur con una certa dose di ambizione, ma le influenze a livello stilistico non si esauriscono qui. Già dopo i primi vagiti, la creatura di Perkins ci serve a freddo una scena, la foto dell’annuario, che più Lynch non si può, con tanto di incedere sonoro badalamentiano. Fastidioso citazionismo? Neanche per sogno, supera anche l’originale, non me ne voglia il maestro. Nell’apatia delle ragazze di un collegio religioso, appoggiate al muro, e nel sorriso di plastica di un’affascinante Lucy Boynton ci sarebbe già tutto il necessario, ma la strada è lunga 93 minuti e le aspettative si muovono in altre direzioni.

 

Un film di possessione atipico grazie a pochi elementi selezionati tra cui un montaggio superbo e vero scheletro portante, il ritmo sinuoso e un’ambientazione glaciale e propriamente gotica (ma lo era anche in Elephant, non confondiamo le sensazioni con l’estetica). Non temano gli irriducibili della sagra del sanguinaccio, si mangia anche qui, solo tocca metabolizzare a lungo un antipasto destrutturato e felino nel suo lungo agguato. Naturalmente, è questa la portata principale per chi cerca qualcosa in più dell’arousal  a buon mercato. Nel gioco ad incastri e nei tunnel temporali si scatena la bellezza di un’opera che poteva salire nell’empireo del genere ma che si autolimita alle cerchie angeliche.

Pur surclassando infatti, senza problemi, il furbo e vacuo Hereditary, il film di Perkins scivola sullo stesso pantano: mancano ancora, diffusamente, gli attributi per sfornare un horror psicologico in senso stretto. La fobia malcelata per il box office si esprime tutta nel ricorso costante, sfiancante, a diavoli e creature mitiche. Laddove l’incantevole The Witch riusciva a mantenere l’elegante ambiguità, persino nel finale, insinuando dubbi sugli stati di coscienza, qui l’ago torna purtroppo a pendere dal versante più crasso e scontato, anche se di poco. Corna, exploit emetici  e contorsionismo, è questo lo stile di citazione che fa ingolfare il motore e abbassa il valore dell’operazione. [Mezzo spoiler, innocuo] Le trite e buffe storie di religiosi adoratori del maligno faranno anche colpo su qualche adolescente, ma siamo ampiamente vaccinati dai racconti di paese. E’ forse quello lo standard da perseguire?

 

Menzione doverosa per la colonna sonora di Elvis Perkins, fratello del regista, che gioca tutto sul droning ossessivo dei bassi, sullo stridere dei processi psichici delle protagoniste, più che di misteriosi elementi extradiegetici. Il titolo originale ha un sapore romanzesco (The Blackcoat’s Daughter, suggerito dallo stesso Elvis), quello italiano, al netto dei soliti sottotitoli atroci, è pulito ed evocativo. Quasi parità. In forma il cast, ben diretto, anche se il mutismo della tanto apprezzata Emma Roberts va oltre il funzionale e diventa indisponente.

 

Emma Roberts, James Remar

February - L'innocenza del male (2015): Emma Roberts, James Remar

Il personaggio affidato a Emma Roberts è inquietante, misterioso, ma non siamo in un film muto.

 

Siamo in piena era folk horror, come è stato ribattezzato in maniera troppo ristretta il filone. Sarebbe più corretto parlare di una macrotendenza, il  mind horror. È un piacere aggirarsi tra i suoi sottogeneri, ripescati e rivitalizzati direttamente dai classici decaduti: dal settario rurale allo storico, al folk appunto, fino al crudele fiabesco proprio del nostro Osgood (palesato infine in Gretel & Hansel); con una certa flemma ci allontaniamo dai jump scare delle stagioni passate. Tuttavia, i nuovi alfieri di questo movimento beccheggiano ancora a destra e a manca, non si riconoscono ancora, pavidi nell’abbandonare i cliché per la sempre più apprezzata psicologia seria. Può succedere di tutto. In ogni caso, ed è evidente in tutti i titoli citati fin qui, aumentano esponenzialmente i livelli di crudeltà mentale e cala il succo di pomodoro. Che si riesca a svecchiare anche l’orrore sociologico alla Romero, togliendo di mezzo gli zombie una volta per tutte?

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