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Konga - Terrore su Londra

Regia di John Lemont vedi scheda film

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La recensione su Konga - Terrore su Londra

di giurista81
5 stelle

Piccola produzione fanta-horror che attinge a piene mani dal sottogenere mad doctor di ispirazione stevensoniana miscelandolo alla narrativa di Herbert G. Wells (si pensi agli esperimenti del Dr. Moreau) e al successo ottenuto negli anni trenta da King Kong. La parte migliore del film è la sceneggiatura, che vede coinvolto il produttore e specialista delle piccole produzioni horror Herman Cohen. Lo script è piuttosto solido anche se scopiazza da film minori, quali il nostro Seddok (1960) da cui viene ripresa tutta la parte relativa al laboratorio, ma anche quella che riguarda la serra in cui sono state seminate le piante carnivore nonché il disegno del dottore di sostituire la propria segretaria (a cui ha promesso di sposarla) con una giovane recalcitrante alle sue avance. Come in Seddok l'idea che il proprio uomo possa commettere omicidi avvalendosi del mostro (in Seddok era lo stesso dottore che si trasformava in bestia) e che sia completamente in balia della propria onnipotenza sono aspetti su cui la segretaria può anche sorvolare, ma la certezza che il dottore straveda per una giovane è la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso in vista di un epilogo all'insegna del vorrei ma non posso. Lemont (regista televisivo e si vede), gira in modo decisamente apatico e stanco, negli ultimi dieci minuti porta in scena il suo King Kong che distrugge il luogo in cui è intrappolato, si ribella al dottore e se ne va in giro fino alla resa dei conti finale. Siccome siamo a Londra, quale potrà mai essere lo scenario adatto visto l'indimenticabile scontro tra i militari e il predecessore all'Empire State Building? Semplice: il Big Ben di Londra. Solo che Lemont gira la scena con una sovrapposizione di immagini, in cui offre l'illusione che dietro a Konga si erga la torre con l'orologio. Inoltre il suo mostro se ne sta fermo, agitando nella mano il dottore (in luogo della bella di turno), a prendersi smitragliate e colpi di bazooka senza reagire, con un'effettistica grezza e minimale che cerca di riprodurre la scia di fuoco dei proiettili. Al di là dei limiti tecnici e delle scopiazzature, il film resta comunque vedibile. Tutto si regge sul siero, estratto da particolari piante africane consegnate allo scienziato da uno stregone dell'Uganda, iniettato in un piccolo scimpanzè che a ogni iniezione diviene sempre più grosso. Specializzato in tecniche ipnotiche, il dottore utilizzerà la bestia per uccidere chiunque pensa possa intralciarlo nelle ricerche ma anche chiunque possa interferire nei suoi interessi personali. Non si procede oltre nello sviluppo del soggetto ed è un peccato.

Bene le interpretazioni, con un freddo e cinico Micheal Gough, star del circuito televisivo (aveva vinto un BAFTA Tv Award quale migliore attore nella stagione 1957), che sfoggia un look che lo fa sembrare il datore di lavoro di Spiderman (mi riferisco al fumetto) con delle marcate strisce bianche nei capelli all'altezza di entrambe le tempie. Curiosamente, dato che abbiamo citato un supereroe dei fumetti, interpreterà il maggiordomo di Bruce Wayne nei due Batman di Tim Burton e nei due di Joel Schumacher.

Carino, ma con un'originalità non troppo marcata.  

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