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Chicks

Regia di Sophie Letourneur vedi scheda film

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La recensione su Chicks

di EightAndHalf
7 stelle

Curioso esperimento di dissimulazione, questo sconosciutissimo (in Italia) La vie au ranch di Sophie Latourner; un esperimento, si diceva, sulla realtà e sulla sua messa in scena, per ovvi motivi affiancabile al cinema underground anni ’70 (Anna di Grifi e Sarchielli, lo scenario statunitense del mondo warholiano), ma per altri assolutamente distante da questi e più vicino alle tendenze iperrealistiche di un Kechiche da un lato o di un Zonca dall’altro. Il motivo per cui lo si può avvicinare ai primi è dovuto al fatto che il film affronta tematiche “basse” sulla spontaneità del vivere giovanile e sul logorìo esistenziale derivato direttamente da una vita ripetitiva che si basa sull’alcol, sul fumo, sugli amorazzi e sul divertimento (le ragazze protagoniste che fumano e urlano e ballano e sproloquiano ricordano da vicino le logorree - quelle reali e non simulate - dei drogati di The Chelsea Girls, per dirne uno, o anche delle figure “trash” di Trash di Paul Morrissey); il motivo non meno importante e fondamentale per cui invece La vie au ranch rientra a buon diritto nelle fila del cinema realistico moderno (non tanto dardenniano, quanto appunto kechichiano) è proprio la capacità di dissimulare lo script con una recitazione e una regia immerse nel movimento, nella (finta) casualità del quotidiano, nella baraonda fumosa e affascinante di una nullafacenza quasi patologica che muove (o meglio, lascia ferme) le protagoniste. In sintesi, La vie au ranch indaga la malinconia delle mancate prospettive di vita e del carpe diem usato e fin troppo abusato come stile di vita (-volendo- male interpretato rispetto alle originarie intenzioni oraziane), dunque i drawbacks più evidenti e scioccianti del costante stato di sonnacchiosa inanità in cui versano, tra le altre, Pam, Manon, Jude, e tutti coloro che le circondano, dal giovane cinefilo Christophe (che ignora la fidanzata per parlare degli ultimi lavori di Hong Sang-soo) al tedesco “Fritz” che fa il prezioso e poi delude (o forse no, non lo sapremo mai, viene tenuto per lo più fuoricampo).

 

scena

La vie au ranch (2009): scena

 

Tra delusioni, litigi e prese in giro, la Letourner ci immerge in una triste quotidianità, fugace e futile, fatta di grasse risate e facili lacrime. Il giudizio morale però non giunge esplicitamente a partire dalla mise en scéne (che coerentemente con l’ascendenza kechichiana si mantiene distante e imparziale), ma prende forma a partire dalla pietà che si può provare (o non provare, secondo la sensibilità) nei confronti delle protagoniste, che non riescono a spiegarsi, in fin dei conti, il motivo della propria fondante infelicità. La vita cade loro rumorosamente addosso senza che loro possano fare altro che destreggiarsi fra i frammenti della stessa, mascherando la fatica con il divertimento alla buona, e poi esplodendo nei capricciosi rancori reciproci, nelle schiette accuse di ipocrisia e nella volontà evidente di giustificare proprio con questi rancori la propria mestizia, benché essa sia insita proprio in quel menefreghismo quasi totale mantenuto nei confronti dei doveri e dei propri compiti. Viene tenuto fuori campo anche questo (vediamo e sentiamo quello che davvero importa alle protagoniste), ma sono tutte per lo più lente nello studio, e totalmente incapaci di prevedere minimamente il proprio futuro (quando un adulto chiede a Pam i suoi progetti, lei risponde in tutta franchezza di non averne idea, pur con un sorriso sul volto). Senza giudizi di valore, la Letourner inquadra sprazzi veloci di vita, forse con un finale che sfaccetta troppo le intenzioni (la gita in campagna, con tutti i dialoghi e i litigi annessi, e il finale a Berlino con la parete di valigie che stanno per cadere), ma che si chiude giustamente in un brusco schermo nero, violento e asfissiante come la regia sempre vicina ai corpi e poco interessata ad ambienti comunque sfatti e sempre costantemente disordinati. Senza banali affreschi generazionali, la storia di alcuni personaggi alla deriva.

 

scena

La vie au ranch (2009): scena

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