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Lustiger: Il cardinale ebreo

Regia di Ilan Duran Cohen vedi scheda film

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La recensione su Lustiger: Il cardinale ebreo

di hupp2000
8 stelle

Biografia di Jean-Marie Lustiger, figura di spicco della gerarchia ecclesiastica francese e successivamente della curia romana nella seconda metà del secolo scorso. Nato nel 1926 da una famiglia ebrea, all’età di 14 anni Aaron Lustiger si converte al cattolicesimo, contro il parere dei genitori. Entra in seminario assumendo il nuovo nome cristiano di Jean-Marie e in breve tempo scala i vari gradi della gerarchia ecclesiastica, fino a diventare arcivescovo di Parigi, poi cardinale e consigliere personale di Giovanni Paolo II.

Il film di Ilan Duran Cohen merita attenzione e apprezzamento anche da parte del più ateo o anticlericale degli spettatori. Si tratta infatti di una fedele ricostruzione di eventi che hanno segnato oltre 50 anni di Storia, dalla nomina di un pontefice polacco alla caduta del muro di Berlino, passando per l’attentato al papa e la scoperta di una forma di negazionismo della shoah da parte della chiesa cattolica, soprattutto in Polonia. Jean-Marie Lustiger non rinnegò mai la sua origine ebraica, trovandosi in tal modo stretto tra i due fuochi di una polemica di difficile soluzione.

Di fronte alla grandiosità e alla ricchezza degli scenari in cui si snoda la videnda, alla scelta di grandi attori e all’eccellenza della regia, mi sono chiesto per quale motivo questo film non sia uscito nelle sale. Laurent Lucas, poco conosciuto in Italia, ma molto amato in patria, incarna la figura del prelato con il rigore di chi ha studiato a fondo il suo personaggio, ne rende magnificamente l’autorevolezza, ma anche l’umanità. In conflitto fin dall’infanzia con la sua stessa famiglia e successivamente con la comunità ebraica, con parte del clero cattolico e persino con il pontefice, Jean-Marie Lustiger viene rappresentato come un uomo fermo nelle sue convinzioni, combattuto nelle sue scelte ma poco propenso ai compromessi. Tuttavia, quel che mi ha maggiormente sorpreso nella visione del film è l’interpretazione della figura di Giovanni Paolo II da parte di Aurélien Recoing. Con poco trucco e molta recitazione, l’attore francese ricostruisce il percorso del pontefice giunto al soglio di Pietro ancora giovane e in piena forma fisica, poi colpito dalle pallottole di Alì Agca che ne frenano l’ardore e infine vittima della lunga malattia che lo accompagnerà fino alla morte. Una metamorfosi di non facile composizione, che il nostro traduce in una grande prova attoriale, smorzando in più di un’occasione la drammaticità delle vicende raccontate. Splendida la sua battuta alla notizia dell’elezione di Ronald Reagan presidente degli Stati Uniti: “Reagan e io abbiamo due cose in comune. Siamo ferocemente anticomunisti e siamo entrambi ex-attori, lui di cinema e io di teatro”. 

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