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In the Flesh

Regia di Jonny Campbell vedi scheda film

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La recensione su In the Flesh

di bradipo68
8 stelle

Produzione: BBC Drama Productions
Episodi : 3 da 56 minuti l'uno(prima stagione), 6 da 60 minuti l'uno ( seconda stagione)

Quattro anni dopo il " Risveglio" ( una non meglio identificata epidemia ha determinato decine di migliaia di zombies, è finalmente è stata trovata la cura e i morti vengono riportati in vita e monitorati con adeguato controllo farmaceutico delle loro pulsioni cannibalesche ) l'adolescente Kieran ritorna nella natia Roarton, paesino della provincia inglese in cui si agitano fermenti anti zombies e si aggirano sedicenti giustizieri che cercano di eliminare definitivamente gli zombies ritornati per vivere una vita "normale". Kieran è assalito da flashback dolorosi del suo trascorso da zombie,  rivanga nel suo passato doloroso e al travaglio che lo ha portato alla scelta del suicidio. Gradualmente vengono spiegate le ragioni del suo suicidio e le difficoltà di tutti gli infetti dalla cosiddetta sindrome da "decesso parziale". 

Nella seconda stagione l'integrazione tra umani e malati di PDS procede a fatica e a Roarton arriva un'attivista politica , funzionaria del partito Victus, contrario all'integrazione, che convince tutti a utilizzare i malati di PDS per mansioni umili al fine di reintrodurli nella società.

Ma ha qualcosa da nascondere come tanti altri personaggi in campo....
Normalmente le storie di zombies finiscono laddove si verifica l'apocalisse in senso romeriano oppure viene trovata una cura alla loro "malattia " .
L'intuizione di serie come Les Revenants o come In the Flesh è proprio di partire da questo spunto per sviluppare la narrazione in un senso che con lo spunto horror di partenza c'entra poco o nulla.
Il fatto che i protagonisti siano degli zombies è un dettaglio narrativo, fondamentale certo ma non ci si sofferma più di tanto sulle loro caratteristiche: anzi le loro sembianze vengono mascherate da generose dosi di fondo tinta, da lenti a contatto e da trattamenti farmacologici che ne attenuino le pulsioni cannibalesche.
Tutti escamotages che sanno di pietosa bugia che muovono più il senso di compassione che non quello del raccapriccio.
Gli affetti da " Sindrome da Decesso Parziale" , un nome che è un'altra menzogna che cerca di nascondere la realtà, si mascherano per sembrare quello che non sono e per ritornare a quello che erano.
Ma non ci riusciranno mai.
Ed è in questo terreno che si muove questa serie inglese
In the flesh come anche Les Revenants si concentra sulle modificazioni della vita dei cosiddetti normali al ritorno di familiari deceduti qualche anno prima e sullo scompaginamento del tessuto sociale che essi provocano.
Inoltre il sottotesto della tolleranza e dell'evitare ogni forma di discrimininazione si sposta anche sul versante affettivo arrivando ad essere un toccante dramma della solitudine e della difficoltà nell'elaborazione del lutto.
Kieran ha un segreto da nascondere, lo stesso segreto che lo ha portato al suicidio ed è un qualcosa che nella realtà del piccolo paese della campagna inglese bisogna tener assolutamente nascosto.
La produzione inglese non punta su effetti speciali fantasmagorici ma si concentra su un senso di malinconia incombente su tutti i personaggi del serial, tutti più o meno con degli scheletri da nascondere nell'armadio, sottolineata anche da una fotografia che privilegia le tonalità plumbee.

Nessuna inutile spettacolarizzazione ma un crescendo costante di ansia, emozioni e suggestioni che tengono lo spettatore col fiato sospeso .
L'interesse primario non è quello di sbalordire con trucchi esagerati o effetti speciali all'avanguardia, più tipici di certi serials americani realizzati con capitali ben più consistenti, ma è quello di narrare una storia di ordinaria diversità, un apologo contro la discriminazione ( come anche in Real Humans , il diverso , robot in quel caso, zombie in questo caso, può essere sostituito da immigrato, minoranza etnica ecc ecc ) e di narrare a suo modo una storia d'amore.
Ecco, In the Flesh è soprattutto una storia d'amore, una di quelle che quasi riescono a strapparti il cuore dal petto.
Non c'è nulla da fare.

Nella seconda stagione prevale senza dubbio il linguaggio televisivo:si passa alla serialità, a un numero di puntate standard per la televisione inglese, aumentano i personaggi in campo e con loro le sottotrame.

Diciamo subito che era molto difficile replicare quel miracolo di scrittura che era la prima stagione, compressa, forse troppo, in tre puntate, un esaltante mix di originalità e melodramma applicati a un contesto horror.

In queste sei puntate abbiamo più tempo per affezionarci ai vari personaggi, soprattutto due, Kieran ed Amy, ma inevitabilmente scivoliamo in una scrittura più convenzionale.
Più convenzionale non equivale a dire poco riuscita o sciatta perché  questa seconda stagione di In the Flesh intrattiene a dovere ed è sempre di qualità altissima.
E' semplicemente una serie che assomiglia un po' più alle altre, sia come durata che per respiro che viene dato alle varie sottotrame che si agitano nelle 6 puntate.
Se la prima stagione era la narrazione struggente di una straziante storia d'amore proibito ( per svariate ragioni, proibito per la popolazione ottusamente chiusa di Roarton), la seconda stagione ha un plot più romeriano se mi passate il termine, più politico incentrandosi soprattutto sulla difficoltà di integrazione tra umani e PDS.
Il gruppo di protagonisti è allargato ed è tratteggiato con la solita cura, tutti hanno un fondo di ambiguità, partendo dall'ex attivista di Victus , Philip che poi urla in faccia al mondo intero il suo amore per Amy( di cui al bordello delle PDS cercava un surrogato), passando per Maxine , la funzionaria di partito che in realtà ha molto da nascondere, per arrivare a Jem, la sorella di Kieran, che ritorna di nuovo a fare le ronde anti PDS.

In poche parole se la prima serie di In the Flesh appariva come un film lungo ( per la televisione ma di qualità e rispondente a dinamiche cinematografiche), questa seconda stagione denuncia fin da subito il volersi immergere in logiche assolutamente televisive, il tutto nobilitato dalla superiorità in questo campo della BBC che dona alle sue serie un look sempre  accattivante ed originale.
Peccato per tutte le sottotrame rimaste aperte: la storia di Maxine e del fratello, la storia del Profeta e del Secondo Risveglio, il futuro possibile tra Kieran e Simon e tante altre cose.
Sperando che ci sia una terza stagione che al momento non è stata confermata.
Ma la speranza è l'ultima a morire.
Sperando che non diventi anche lei una PDS.
Insomma che ve lo dico a fare: questa è l'ennesima serie BBC da divorare.


PERCHE' SI : il solito , accattivante look della BBC, qualità di confezione altissima, personaggi che hanno sempre il loro bel fondo di ambiguità, impossibile non affezionarsi a personaggi come Kieran ed Amy.
PERCHE' NO : la seconda stagione ha dinamiche prettamente televisive, non più melodramma amoroso ma plot con decise sfumature politiche, troppe questioni lasciate in sospeso da un finale improvviso e al momento pare che non ci sarà una terza stagione.

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