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Steve Jobs

Regia di Danny Boyle vedi scheda film

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La recensione su Steve Jobs

di Souther78
5 stelle

Cast stellare con un taglio narrativo originale ma non necessariamente azzeccato. Autoreferenziale quasi quanto il suo protagonista, ma ben recitato e diretto. Utile riflessione sulla società dei consumi e dei suoi idoli di plastica (persone e non), probabilmente incapace di tradursi in gesti concreti (e.g.: prendere i melafonini e gettarli).

Dietro le quinte di una presentazione, poi di un'altra... e infine della terza e ultima. Una struggente attesa che non culmina mai: ciò che interessa al regista è l'uomo "dietro le quinte", non quello sotto i riflettori. Acuta metafora per descrivere l'intimo di un uomo che, però, assai più di tanti altri, era lui per primo più che propenso e incline a divulgare la sfera privata. Una condivisione interessata, che si innestava certo nella traccia dell'autocelebrazione della persona, autonominatasi personaggio. 

 

Come fuori, così dentro. Come sotto i riflettori, così lontano da essi. In realtà il volto "buono" di Steve Jobs era esclusivamente riservato alla dimensione pubblica, ma perfino lì si affacciavano di continuo e prepotentemente le caratteristiche più spiacevoli del suo essere, bisognoso di eterostima probabilmente difettando della propria. 

 

Si, però non si arriva mai "al dunque", potrebbe obiettare qualcuno: le presentazioni non vengono mai mostrate, è vero, ma è pur vero che quelle sono "agli atti", e note (o, perlomeno, il regista si aspetta che lo siano agli spettatori). Questa seconda biografia postuma del magnate della mela morsicata sembra presupporre la visione della precedente, del 2013, essendo assai meno ampia e così concentrata, che difficilmente di possono comprendere certe dinamiche o riconoscere alcuni personaggi, senza avere una visione di insieme quale quella fornita dall'opera precedente. Ma Steve Jobs era poi così importante, da dedicargli addirittura due film in due anni? Sicuramente no. Migliori o peggiori, ci sono persone che hanno segnato assai più il mondo, di questo abile venditore. I suoi prodotti, ecosistemi chiusi e blindati, dalle viti speciali ai software dedicati, alle periferiche, alle prese di corrente... tutto talmente esclusivo che, fino alla propagazione cancerosa del melafonino, difficilmente si può considerare di impatto sociale. E, in effetti, l'abilità di questo Jobs non era nè tecnica nè intelelttuale nè culturale: l'ossessività per l'autoaffermazione e per il marketing lo hanno animato e spinto a fare ciò che faceva. 

 

Il vero portato didascalico dell'opera, semmai, è di esporre ai patiti di quel marchio la pochezza e la totale inconsistenza dei prodotti. Sarà forse un caso, che non si parli del lancio dell'Iphone? Chissà quante cause avrebbe fatto la Apple, se si fosse divulgata in quel film la verità sul telefonino che non funzionava, non aveva nemmeno le basi della telefonia ormai già da anni in voga (videochiamata, fotocamera frontale, MMS), bug di ogni tipo, e la presentazione venne fatta 6 mesi prima dell'uscita, poichè ancora non era pronto, tanto che ognuno dei prototipi realizzati era diverso dall'altro e ce n'era una ampia scorta per sopperire ai probabili blocchi.

 

La fotografia di Jobs è quella di una società intera, pronta a inginocchiarsi e venerare i propri aguzzini e sfruttatori: quelli che sanno controllare i pensieri e i bisogni degli altri, inducendoli ad arte o rappresentando problemi che non esistono (o creati ad hoc), per offrire le proprie soluzioni a caro prezzo, sono i padroni del mondo.

 

In quel senso, l'opera è un viaggio allucinante alla scoperta delle nuove guerre silenziose, quelle che si combattono nella mente del "pubblico", circuito, illuso, irretito, ammaliato, ma, soprattutto, sfruttato. 

 

A parte l'idea di una narrazione metaforica, il film stenta a eccellere, in parte poichè la sua corretta fruizione già presupporrebbe una conoscenza dettagliata dei fatti e del personaggio, e in parte per la ripetitività, la stereotipazione e la generale mancanza di una trama nel senso tradizionale del termine. Sembrerebbe quasi di trovarsi dinanzi a un documentario, più che a un lungometraggio biografico.

 

Il cast è sovradimensionato, a partire da Michael Fassbender, e finire con Kate Winslet: il primo, decisamente più di presenza del "nerd" Jobs; la seconda, ignorando chi sostituisca (se una persona reale), si può dire solo che sembra un po' attribuire eccessiva rilevanza a un ruolo secondario nel film, ma soprattutto nella realtà dei fatti. Se questa segretaria è esistita, e si può dubitare abbia agito proprio in quel modo, difficilmente può aver avuto per Jobs grande rilevanza. Certo, poi, non ne ha avuta per il resto del mondo.

 

Opera riuscita in parte, con al proprio attivo un ottimo cast, una regia di polso, e una narrazione originale, che lascia dietro di sè il senso di esagerazione, rispetto a un personaggio non proprio fondamentale nè poi così conosciuto al di fuori di certi circoli: se è vero che Jobs si è fatto la propria fama, come Da Vinci con la Gioconda, è pur vero che l'attrattiva di questo film per chi non è interessato o a conoscenza della vita del protagonista è minima.

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