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Diary of a Chambermaid

Regia di Benoît Jacquot vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Diary of a Chambermaid

di alan smithee
7 stelle

 

locandina

Diary of a Chambermaid (2015): locandina

Benoit jaquot è un cineasta piuttosto puntuale e prolifico che, dopo il sin troppo intrigante ed artificioso Tre cuori, presentato a Venezia 2014 in Concorso e già uscito nelle sale, torna al cinema di costume, lasciato poco prima con Les adieux à la reine, con JOURNAL D'UNE FEMME DE CHAMBRE (titolo internazionale: Diary of a Chambermaid). Le vicende professional-sentimentali di una bellissima cameriera che da Parigi, negli anni '20 si vede ceduta ad una ricca famiglia di anziani coniugi della Costa Azzurra, si traducono, come già avvenne in passato, in una frenetica rincorsa a scoraggiare i tentativi di avances sempre più esplicite da parte dell'anziato e un po' debosciato padrone di casa, e nel contempo di conquistare la fiducia della irascibile ed incontentabile moglie di costui, diffidente e supponente quanto basta per rendere sempre ogni piccolo incarico una sfida impossibile per la giovane volenterosa e servizievole cameriera.

Léa Seydoux, Vincent Lindon

Diary of a Chambermaid (2015): Léa Seydoux, Vincent Lindon

Léa Seydoux, Vincent Lacoste

Diary of a Chambermaid (2015): Léa Seydoux, Vincent Lacoste

L'attrazione, quella si genuina e appassionata, verso un ombroso e diffidente bracciante al soldo della famiglia, condurrà la giovane in territori vicini alla tragedia più fosca, trovando alla fine una svolta meno tragica di quanto le apparenze parevano condurre.

Léa Seydoux è l'espressione del vigore e della perfezione di una giovinezza che si esprime nella limpida linearità dei particolari, mentre un ruvido e taciturno Vincent Lindon le fa da degno, erotico e perfettamente contrastante contraltare di una coppia torrida e maledetta che riuscirà a scamparla laddove la situazione e l'imbroglio parevano portare nei pressi della forca.

Tetro, poco compiaciuto e forte di una rappresentazione dell'ambiente rurale e provinciale che non rinuncia ai particolari senza per questo risultare stucchevole, “Journal” mostra un carattere e una durezza che lo rendono un riuscito ritorno alla rappresentazione in costume da parte di un regista eclettico attento ai particolari e alle dinamiche delle vicende raccontare e rappresentate.

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