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Humandroid

Regia di Neill Blomkamp vedi scheda film

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La recensione su Humandroid

di Tato88
7 stelle

Aha, e quindi anche Neil Blomkamp è caduto nello stesso tranello in cui è caduto il suo collega Mike Cahill, autore di quel "Another Earth" adorato da pubblico e critica, che l'anno scorso è tornato nelle sale (tedesche) con "I Origins" e che ha commesso lo stesso errore di "Chappie": accennare ad un tema estremamente affascinante, senza però trattarlo veramente. Ovvero, descrivere con minuzia di particolari e mirabolanti scene di azione il raggiungimento di quella particolare situazione che inserisce il film nel genere della fantascienza filosofica, e negli ultimi cinque minuti del film domandare allo spettatore "Cosa accadrebbe se...?". Quindi il film termina esattamente là dove avrebbe dovuto iniziare. La qual cosa non accadeva invece con "District 9", il cui finale è molto simile ma in cui il tema degli immigrati/extraterrestri ghettizzati veniva ampiamente argomentato e analizzato da molteplici punti di vista che incredibilmente portavano lo spettatore a non dare per scontato il loro schierarsi con gli esseri umani, affidando a un semplice prologo la spiegazione di come si fosse raggiunta quella situazione.

Nei suoi primi sessanta minuti il film ci mostra le fasi dello sviluppo della personalità del robot protagonista. Nonostante la perfezione di tutti quegli elementi attrazionali che ci hanno fatto apprezzare anche le precedenti opere del regista, una sensazione di “già visto” (primo fra tutti “A.I. – Intelligenza Artificiale”, ma anche “Blade Runner”, “L’uomo bicentenario”, “Wallie”, e tutti quei film dove i robot sviluppano una personalità umana) e quindi di noia aleggia su tutta questa prima parte. Per qualche ragione misteriosa il personaggio interpretato da Dev Patel ha come sogno nel cassetto quello creare la prima intelligenza artificiale in grado di provare emozioni e di pensare. Le parole esatte sono “di poter prendere delle decisioni”… Perché? Che genere di soddisfazione potrebbe mai raggiungere? E soprattutto, come può pensare che sia una buona idea? Non ha mai visto “Terminator”? Forse sono io chiuso di mente…

Altro errore narrativo particolarmente fastidioso che sopraggiunge poco dopo la metà del film è l’introduzione improvvisa e non precedentemente seminata di un elemento (fantascientifico) cruciale per la risoluzione di uno dei problemi principali del protagonista. Quindi se già non bastavano gli in-put di una Johannesburg vigilata da androidi, un robot con una coscienza autonoma e un ragazzo prodigio che per nessuna valida ragione vuole creare un’intelligenza artificiale, da questo punto in poi fioccheranno inarrestabili tutta una serie di oggetti e di informazioni decisive per lo svolgimento della storia che faranno storcere la bocca allo spettatore desideroso di rispetto. Questa critica mi sorge soprattutto alla luce di una recente dichiarazione del regista in cui ammette che in “Elysium” si è dimenticato di concentrarsi sulla storia perché abbagliato da altri aspetti che riteneva più interessanti (il concept, gli effetti speciali, le macchine…). Qui ha commesso lo stesso errore, convinto di avere la vittoria in pugno con un finale sì particolarmente suggestivo, ma proprio a causa della sua natura “aperta” non giustifica 120 minuti di film (formalmente perfetti).

Il tutto condito da uno Hugh Jackman in polo e bermuda (seriously?!) decisamente “fuori-ruolo”. Se volevate trovare il modo di inabissare la carriera di un attore che trasformato in oro ogni film che tocca, allora siete sulla buona strada. Prima di tutto Hugh Jackman non può interpretare un villain. Può essere rude, duro, aggressivo… ma non riuscirà mai a convincermi di essere veramente malvagio. Hugh Jackman è buono, punto. E soprattutto se, come per il personaggio di Dev Patel, non gli dai nessuna valida ragione per voler così ardentemente dedicare la propria vita alla realizzazione di un Metal Gear Solid impacciato e vederlo saltellare dalla frenesia di pilotarlo. Lo spettatore non potrà fare a meno che ricondurre tale fervore ad una necessità produttiva di inserire un cattivo che porti in scena delle spettacolari sequenze d’azione o più semplicemente ad una vena nerd insita nel personaggio (in fondo sia lui che Patel espongono in bella vista sulla scrivania un’action figure dei loro robot di riferimento). Peccato che il film non suggerisca questo genere di ironia…

In conclusione non mi sento di bocciare l’ultima fatica di Blomkamp. Il film è piacevole e si fa guardare. Sicuramente non ero io in vena di buoni sentimenti durante la fase di crescita del robot in cui si scatenano immediatamente le reazioni più variegate da parte degli altri personaggi. Chi cerca di addestrarlo a lottare, chi lo tratta come un bambino piccolo, chi come un vero e proprio figlio… Per certo nessuno mette in dubbio la sua natura umana, e i movimenti della motion capture mettono in difficoltà anche il critico più cinico. E forse è proprio questa la centralità del film che ho perso di vista… Tuttavia, rimane di sicuro un profondo dispiacere nel constatare che il film si concluda appena le cose iniziano a farsi veramente interessanti, con una relazione Costruttore-Robot/Genitore-Figlio tra le più complicate mai viste… pardon, mai suggerite su schermo.

 

Curiosamente la proiezione del film è stata preceduta dal trailer di un'altra pellicola dalle tematiche molto simili (rapporti emozionali tra uomo e macchina, quando quest’ultima ha un carattere che replica in tutto e per tutto la personalità di un vero essere umano) intitolato “Ex Machina” (in uscita in Italia lo stesso giorno di “Chappie”), il quale non puntando per niente sulle scene d’azione, sembrerebbe giocare più sul genere del thriller psicologico e auspicabilmente sarà molto più in grado di far “filosofeggiare” lo spettatore.

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