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Kreuzweg - Le stazioni della fede

Regia di Dietrich Brüggemann vedi scheda film

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La recensione su Kreuzweg - Le stazioni della fede

di maurizio73
7 stelle

Indottrinata secondo i precetti di un rigido cattolicesimo che rifiuta le concessioni pastorali del Concilio Vaticano Secondo e dal severo ambiente familiare animato dallo stesso spirito, la giovane Maria si accinge ad accogliere il sacramento della Conferma come un momento cruciale di una vita che ritiene di dover sacrificare per amore del Signore. Divisa tra i turbamenti di un'adolescenza che reclama affetti e piccole vanità e le restrizioni di una disciplina morale mortificante e repressiva, inizia a maturare una crisi interiore che la porterà ad un irreversibile e drammatico deperimento fisico.

 

 

locandina

Stations of the Cross (2014): locandina

 

Animato da un sotterraneo spirito critico verso le derive vernacolari di un settarismo cattolico che sembra rifiutare le istanze più elementari e scontate di una inevitabile modernità, i fratelli Brüggemann si cimentano in un piccolo saggio di sociologia applicata secondo i canoni, rigorosi e minimalisti insieme, di un racconto di formazione (spirituale) che segue con parossismo distante ma non distaccato le tristi stazioni della personale 'Via Crucis' di una giovane adepta intrappolata suo malgrado nel pernicioso cortocircuito tra i precetti di una dottrina repressiva ed i primi turbamenti di un'adolescenza in fiore. Pur seguendo la struttura minimalista di una collezione di episodi quali altrettanti fioretti della mortificante pratica quotidiana di una espiazione senza scopo (niente ragazzi, niente musica, niente distrazioni, niente comodità), gli autori dissezionano con spirito entomologico le contraddizioni di un'ambiente sociale dove si annida, più pericoloso tra tutti i mali, il rischio del fraintendimento e dell'abuso (quello psicologico prima che morale), il tragico equivoco di una malintesa liceità di comportamenti che sembrano apertamente contrastare con le naturali esigenze di una personalità che nasce e si sviluppa in un contesto che non può e non vuole capirli, divisa com'è tra le necessità della socializzazione e la gabbia della restrizione.

 

Lea van Acken, Florian Stetter

Stations of the Cross (2014): Lea van Acken, Florian Stetter

 

'Stations of the Cross' (2014): Lea van Acken e Georg Wesch 

 

Nel calvario dell' inconsapevole (incolpevole) martirio di una giovane vittima del senso di colpa e dell'inedia a fin di bene, i fratelli Brüggemann finiscono per far confluire  gli elementi dissonanti di un simbolismo privo di forzature (il doloroso percorso verso la ferale 'conferma' della fede in Cristo, una 'Bernadette' saggia e devota che sembra volerne guidare il cammino, la 'miracolosa' guarigione del fratellino autistico, l'inutile 'sacrificio' di una piccola santa laica nel triste sudario di un letto di morte, finanche la grigia desolazione di una sepoltura anonima che si apre alla 'speranza' di un riscatto celeste) conferendo alla narrazione gli spunti per una riflessione morale che sembra mitigarne in parte il gelido e sconcertante distacco della messa in scena, laddove prevale la scelta, rigorosa e ossessiva, di inquadrature fisse in campo medio entro cui confinare il lento ed inesorabile scivolamento nello psicodramma personale di una personalità fragile e indifesa di fronte alle contraddizioni di una educazione bigotta e intransigente.

 

'Stations of the Cross' (2014): Lea van Acken e Lucie Aron

 

'Stations of the Cross' (2014): Una scena del film

 

'Stations of the Cross' (2014): Una scena del film

 

Lea van Acken, Florian Stetter, Franziska Weisz

Stations of the Cross (2014): Lea van Acken, Florian Stetter, Franziska Weisz

 

Nel bellissimo piano sequenza finale l'ardito movimento di macchina che dal pietoso sepolcro terreno si protende verso il candore celestiale di uno schermo bianco. Meritato 'Orso d'Argento' al 64 Festival Internazionale del Cinema di Berlino.

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