La recensione su La grande partita

di andenko

7 stelle

In un biopic di questo tipo le semplificazioni sono inevitabili e persino auspicate. Da scacchista praticante ho sofferto più la poca fedeltà alla liturgia dei tornei, che la banalizzazione delle paranoie di Fischer o della pressione politica sul match. Nel complesso gradevole, purché uno apprezzi i prodotti di puro intrattenimento. Voto: 7

In un biopic di questo tipo le semplificazioni sono inevitabili e forse persino auspicate, sia perché la partita di scacchi non è particolarmente accattivante davanti a una telecamera (ma lo è nella realtà, credetemi), sia perché gli aspetti agonistici, politici, psichiatrici e sociali toccati dalla "sfida del secolo" di Reykjawik 1972 sono talmente diversificati e complessi che il rischio di naufragare è dietro l'angolo. Detto questo, da scacchista praticante ho comunque sofferto la poca fedeltà alla liturgia dei tornei; ad esempio non si può vedere il giocatore che arriva alla scacchiera e muove il pezzo senza segnare sul formulario la mossa dell'avversario oppure, ancora peggio, che stringe la mano a fine match, senza aver prima fermato l'orologio (questo è proprio un errore, perché se tendi la mano senza fermare l'orologio non ti stai dichiarando sconfitto, ma stai offrendo patta). Per far intuire ai non scacchisti la rilevanza di queste ellissi, sarebbe come se la rappresentazione della celebre partita di calcio Italia-Germania 4-3 omettesse di inquadrare l'arbitro che fischia la fine dell'incontro: certo che si può fare, ma emotivamente sarebbe una grossa perdita.

Le altre semplificazioni, ad esempio quelle relative alle paranoie di Fischer o alla pressione politica sul match, sono a mio avviso meno gravi, perché contribuiscono a rendere il film più snello e godibile. Nel complesso l'ho trovato un film gradevole, a patto che uno sappia apprezzare i prodotti di puro intrattenimento.

Voto: 7

PS: io ho sempre tifato Spasskij.

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