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La nostra terra

Regia di Giulio Manfredonia vedi scheda film

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La recensione su La nostra terra

di lamettrie
8 stelle

Un bel film sull’espropriazione dei beni dei mafiosi. Ideale da far vedere negli istituti (ma non solo!!!), senza che ciò suoni come un demerito, neppur lontanamente  

Pur ballando sull’esile filo di un registro semplice, più consono alla tv, Manfredonia azzecca comunque la trovata. La denuncia sociale e politica c’è tutta, e con questa rarità: per fare un dramma, come questo, si può fare una commedia (ben accompagnata dal sottofondo reggae), senza che ciò che sia svilente.

Il cast, per il genere, è ottimo: svetta Rubini, che immette in un convincentissimo sottofondo barese.

La sceneggiatura gioca su facili ma riusciti incastri tra biografie, oltre che sul giallo su chi sia il traditore. Amori, vicende personali più o meno tragiche: non si cade affatto nel banale, pur toccando vari temi sensibili (unioni omosessuali, immigrazione di colore, disabilità fisica, disabilità mentale…).

La giusta indignazione percorre questa veloce pellicola, che non indulge certo nelle facili soluzioni. Splendida, tra i mille rischi percorsi volontariamente (last, but non least, quelli dello stipendio misero), è la tensione morale dell’attivista per i diritti umani, così come dell’educatrice, il cui valore è ancora più alto perché lei lavora in loco, e ha da temere tanto più quanto più continua ad essere coerente con i propri valori.

Di delusioni, crimini insabbiati… il film e la storia ridondano. Correttissima la denuncia politica, del favore fatto ai criminali, che del resto controllano i voti determinanti e quindi la politica stessa.

Senza mai scadere nella retorica, il soggetto, firmato dal regista e da Bonifacci, trova una mescolanza giusta fra le sconfitte inziali e quelle, terribili, sofferte durante il percorso, da una parte, e, dall’altra, speranze di vittorie future, legittime, corroborate dalla consapevolezza che però solo l’impegno sociale e politico possono contribuire a cambiare il mondo in meglio; affinché il mondo sia mediamente sempre più felice che triste (apprezzabilissime le feste di chi lavora per nobili fini morali), e quindi sempre meno attanagliato dalla prosperità degli iniqui. Un impegno, ben testimoniato da Accorsi, complicatissimo per coraggio e competenza e valori, che, mirabilmente, l’associazione “Libera” ha contributo a creare.  

Lodevoli certi contrappunti sui luoghi comuni, del sud e non solo, che si devono scalzare, attraverso la cultura e la scuola: «Con la legalità non si acchiappa» (ovvero non si trova femmina: ma nel senso che la legalità deve iniziare ad avere il fascino irrinunciabile che merita); «È meglio studiare che sparare. Ma se non spari, studiare a cosa serve? Cioè: se non sai sparare, come fai a far capire che hai ragione, anche se hai studiato?» (dove si suggerisce che il diritto del più forte va sostituito con il diritto della verità e della giustizia).

 

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