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The Imitation Game

Regia di Morten Tyldum vedi scheda film

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La recensione su The Imitation Game

di deepsurfing
7 stelle

 

"A volte sono proprio le persone di cui non si sa cosa pensare, quelle che fanno cose che nessuno riesce a pensare”.

Il pregio del film non è la confezione, impeccabile ma piuttosto convenzionale; né la storia ben nota e con tutti gli ingredienti giusti per funzionare (genio matematico strambo, codici da decrittare per sconfiggere i nazisti, corsa contro il tempo e lo scetticismo generale, spionaggio e contrasti personali).

A meritare la visione è la figura di Alan Turing e la sua diversità, che non è l'omosessualità per la quale subì l'assurda condanna alla castrazione chimica che lo spinse al suicidio; ma la diversità di una mente non convenzionale, indifferente alle conseguenze pratiche, lucida e fredda, geniale (ben resa dalla faccia e dalla mimica sghemba di Benedict Cumberbatch).

La diversità è un effetto collaterale della genialità. Come spesso succede ai geni matematici, anche Turing aveva problemi nei rapporti con la gente e la vita normale: nel film sembra un po' autistico, un po' stronzo. Ma proprio per questo riesce a fare quello che fa. “Nessuna persona normale avrebbe potuto fare questo”, dice alla fine la donna che si era spacciata per sua moglie (Keira Kneightley). “Il mondo è un posto infinitamente migliore proprio perché tu non sei normale”.

È la diversità che gli ha permesso di decrittare il codice Enigma, impresa ritenuta impossibile; ma prima ancora gli ha permesso di superare il muro di scetticismo che avrebbe fatto desistere chiunque altro; e poi gli ha permesso di sopportare il peso di sacrificare vite umane alla statistica per rendere strategicamente efficace la decrittazione (uno dei momenti forti e inediti del film).

E sulla diversità si basa anche il suo articolo più famoso che dà il titolo al film. The Imitation Game è il famoso test di Turing, il suo modo, semplicissimo e geniale, per rispondere alla domanda “Può una macchina pensare?”. Domanda che, secondo lui, va riformulata chiedendosi come faremmo a distinguere un'intelligenza umana – cioè “normale” - da una artificiale: semplicemente facendo domande.

Ed è proprio il gioco che nel film Turing propone al poliziotto che lo ha fatto arrestare pensando che fosse una spia e facendo invece scoprire la sua omosessualità. Alla fine, dopo aver risposto a tutte le domande, Turing dice al poliziotto: “Tutti noi fingiamo di essere qualcosa, imitiamo qualcosa o qualcuno. E siamo esattamente ciò che riusciamo a convincere di essere, né più né meno. Perciò dimmi: chi sono io? Una persona? Una macchina? Un eroe di guerra? Un criminale?”

 

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