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Due giorni, una notte

Regia di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne vedi scheda film

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La recensione su Due giorni, una notte

di chinaski
7 stelle

Sembra non accadere nulla di importante, nell’ultima pellicola dei fratelli Dardenne. Si avverte qualcosa di stanco, quotidiano, banale. Tempi lunghi, piccoli avvenimenti. Nella vita riflessa sullo schermo di Sandra, ci sono le preoccupazioni e i timori di tutti noi. Proprio come le sentiamo a casa o sul lavoro. E le abbiamo sentite e provate così tante volte che ci siamo abituati. E sui meccanismi dell’abitudine vanno a colpire i due registi. Perché, quello che ci sembra così normale, non lo è affatto. E’ il quadro impietoso, aderente alla realtà, del funzionamento sociale e morale del mondo occidentale. La parcellizzazione della classe lavorativa in singole unità incapaci di organizzarsi, ognuno guarda il suo piccolo tornaconto, ognuno riflette esclusivamente sui propri interessi.

Sandra si ritrova a rischio di licenziamento, i suoi colleghi, tra lei e un bonus di mille euro, hanno scelto il bonus. Sandra riesce a strappare al suo datore di lavoro la promessa di un’altra votazione. In due giorni deve contattare i suoi colleghi e cercare di fargli cambiare idea sulla loro decisione. Inoltre Sandra è una donna molto fragile, insicura, sotto Xanax, appena uscita da una forte crisi, i suoi passi, i suoi tentativi, diventano, momento dopo momento, sempre più importanti, diventano una forma di resistenza alle leggi del mondo del lavoro e quindi una lotta, non solo contro alcune persone, ma soprattutto contro un’idea, una forma mentale che si è impadronita dei concetti di impiego e dignità.

Immersa in una luce primaverile/estiva, brillante, la donna si sposta da un incontro all’altro, piena di sfiducia in sé stessa e nelle persone che la circondano, i Dardenne la pedinano, con la macchina da presa a mano, anche loro coinvolti nel mondo che delimitano con il proprio sguardo, un mondo abitato da chi si è adeguato alle regole del guadagno e del vivere consumistico. Sandra non è che sia diversa dagli altri, ma trovatasi davanti al baratro della disoccupazione deve, per forza di cose, agire. E già in questa presa di coscienza c’è un seme di rivolta pronto a sbocciare. Tra il fregare il prossimo e conservare i propri valori è ancora possibile una scelta. E su questa possibilità, iniziare di nuovo a costruire.

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