La recensione su Escobar

di port cros

4 stelle

L'esordio alla regia dell'attore Andrea Di Stefano si rivela un progetto tanto ambizioso quanto deludente. Nulla di più interessante, sulla carta, di un film sulla figura di un grande criminale come il re dei narcos Pablo Escobar. Quanto ci sarebbe piaciuto vedere un film sull'epopea criminale di Escobar sul modello dei grandi gangster movies: dalle umili origini alle prime attività criminali alla creazione di un vero e proprio impero della cocaina, il cartello di Medellìn, e dei fiumi di sangue che fece versare per fondarlo, alle opere di beneficienza che lo resero quasi un eroe per i poveri di Medellìn, fino alla tracotanza di negoziare un accordo col governo colombiano, consegnandosi alla polizia in cambio della detenzione in una prigione di lusso. Certo una buona parte di tutto questo c'è nel film, ma non ne occupa la parte centrale come dovrebbe, perché il vero protagonista di questo film non è Escobar, ma un (immaginario) giovane canadese che ha la pessima idea di inamorarsi e di sposare sua nipote, e quindi si trova invischiato nelle attività del cartello quando Pablo decide di prenderlo sotto la sua ala protettiva; ma poi il volubile narcotrafficante cambia idea e decide di farlo fuori, e il film è soprattutto un banale action movie sui tentativi del giovane di sfuggire ai sicari, vicende che alla fine non appassionano più di tanto nonostante le efferate crudeltà che vengono messe in scena.

Ma c'era bisogno, avendo a disposizione un cattivo dalle dimensioni epiche come Escobar, di inventarsi questo personaggiuccio del canadese per affidarlo all'ultimo figaccione sfornato dal mercato e costruire tutto il film intorno a lui? Anche l'interpretazione di Benicio Del Toro (scelta scontata ma non sbagliata) risulta sacrificata dallo spazio insufficiente dato al suo personaggio, che impedisce di tratteggiarne in modo approfondito la personalità.