Regia di Francesco Castellani vedi scheda film
Cinema del reale, attori non professionisti e una storia vera da raccontare, quella del campo da calcio di Pietralata (Roma) conteso tra una squadra di rifugiati - decisa ad appropriarsi del terreno - e un comitato di quartiere intenzionato a far valere i propri diritti, anche a costo di lasciare quella zona in stato di abbandono. Dove la verità, da che parte la ragione? Lo script di Castellani e Turchi si pone le domande giuste, ma le sviluppa come peggio non si potrebbe. Preda di qualunquismi e luoghi comuni, al campionario di frasi fatte di entrambe le fazioni in gioco unisce l’abisso del metaforismo calcistico, perché con lo schema 4-3-3 «si attacca tutti insieme, però si difende tutti insieme». La complessità dei fenomeni dell’immigrazione e della proprietà finisce così a margine del gigantesco Bacio Perugina del “volemose bene”, incanalata e banalizzata in dialoghi moraleggianti, in personaggi (troppi) privi di profondità e nel monologo in voce off del campo di calcio (!) che vorrebbe servire da cornice e finisce per ribadire didascalicamente quei due concetti sui quali ogni immagine è costruita. Sotto le mentite spoglie di un film si annida un prodotto dalla grana televisiva, del tutto privo di ricerca cinematografica e mai in grado di aderire al reale come vorrebbe. «Un pallone basta a far nascere un’amicizia in un istante»: la simil-pubblicità progresso alla quale Castellani affida l’apice drammaturgico del suo racconto - con tanto di flashback sfumati e discorso-commozione - è la mirabile sintesi di un maldestro ricatto emozionale.
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