Espandi menu
cerca
Porte aperte

Regia di Gianni Amelio vedi scheda film

Recensioni

L'autore

lamettrie

lamettrie

Iscritto dal 20 giugno 2013 Vai al suo profilo
  • Seguaci 6
  • Post -
  • Recensioni 604
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Porte aperte

di lamettrie
6 stelle

Un film contro la pena di morte, quando (si era nell’89, dopo un decennio di istupidimento, politicamente programmato) di film impegnati in Italia non se ne faceva quasi più. Ma in sé pieno più di ombre che di luci. Lento, bisogna aspettare 76 minuti (sui 105 totali) per avere qualcosa d’interessante (la sorprendente svolta passionale nel giallo). Amelio si perde in tanti particolari insignificanti, con un compiacimento estetico che fa tanto bene all’occhio, quanto sbadigliare il pensiero.

La fotografia di Tonino Nardi è splendida, così come le scenografie di Franco Velchi; anche e soprattutto negli esterni la Sicilia si conferma la regione esteticamente più significativa d’Italia, a mio avviso, e dal valore assoluto. Non conosco il romanzo di Sciascia, che è il soggetto di questo film, ma la resa è spesso noiosa.

In ogni caso tre aspetti della sceneggiatura restano lodevoli.

Il primo è la denuncia dell’omertà (che nessuno come Sciascia ha contribuito a rendere nota, per quanto purtroppo ignota sia in gran parte ancora): vivere tranquilli in Sicilia vuole dire far finta di non vedere anche i peggiori crimini, e quindi rendersene complici; ma il sistema mafioso premia tale complicità, anziché colpirla.

Il secondo è la consapevolezza che i gesti giusti, anche se sono condannati dallo squallore della maggioranza e del potere, sono semi per il futuro, e condizioni di un cambiamento virtuoso che non può che apparire necessario alle coscienze dei ,purtroppo, pochi che ne colgono l’imprescindibilità (costoro, solo facendo così, possono edificare le coscienze di tutti, che un domani ringrazieranno, ma che per colpa propria prima restano intorpidite).

Il terzo, amaro ma ugualmente veritiero, è la rovina della carriera: in un potere corrotto (ovvero quasi sempre quello che ovunque c’è stato) chi fa bene fino in fondo il proprio dovere vede peggiorare la propria carriera, che invece sarebbe fiorita ben meglio se avesse fatto intenzionalmente male il proprio dovere, al  solo fine di soddisfare i desideri di chi, corrotto, ha il potere.

A impreziosire l’operazione resta indubbiamente anche la recitazione di Volonté. A 56 anni si è smagrito così da invecchiare in modo impressionante: quell’aria macilenta e dinoccolata, estranea alla sua media, aggiunge un altro tipo caratteristico indimenticabile alla sua galleria. Docile e dolce, da buon siciliano (nella parte, dove è entrato come sempre alla perfezione), sa tirar fuori gli artigli nel dibattimento giudiziario, in un modo tale da rischiare e far rischiare  parecchio: ma per il solo obiettivo di far rispettare la giustizia, che è anche l’unico che si doveva avere in quel caso. Lui stesso dovrà arrendersi: l’“illuminista” Sciascia mette in scena un delinquente (ben interpretato da Ennio Fantastichini), che è talmente depravato che non si può salvare nemmeno con la migliore volontà.

Eppure il messaggio passa. La facile contrapposizione, fra buoni e cattivi, è tanto cosa barbara quanto amata da ogni regime, compreso quella fascista, qui descritto in modo sin troppo sbrigativo e lontano. Tale rea semplificazione è orrenda per l’utilizzo propagandistico della giustizia: cioè per far passare per tutore dell’ordine pubblico un potere che non lo è affatto, in quanto imperniato a sua volta su una pratica  criminale costante, sebbene su un piano diverso rispetto a quello del delinquente comune. Fra l’altro, mai come in questi mesi, oggi, dopo 75 anni dalla tragedia del fascismo, sta tornando popolare una concezione distorta della giustizia di questo tipo: fingersi implacabili contro i reati dei poveri, ma facendo in modo di ignorare i propri reati, e quelli di certi ricchi. Infatti questi pochi ricchi rappresentano le condizioni di esistenza di certi politici, dato che sono gli unici che permettono una propaganda che non potrebbe mai avere successo, in uno stato minimamente civile (quantunque lo spalleggiamento di politici, che favoriscono l’impunità per pochi privilegiati, sia da tempo una specialità di forze accreditate tanto a destra quanto in parte anche a sinistra).

E questo è il messaggio. Anche a fronte dei più efferati delitti, è indispensabile far valere i diritti inalienabili dell’individuo: il quale deve pagare tutto quello che deve, ai parenti delle vittime e alla società, ma che deve potersi rieducare al fine di essere uomo migliore lui stesso, per lui e per la società. Una utopia (?) tipicamente illuminista, al pari di quella, qui ben presente, dell’intollerabilità  di ogni assassinio.  Ogni forma di omicidio è una sconfitta per l’umanità, che invece ha bisogno di migliorare se stessa incessantemente. E si migliora se trova le condizioni reali per non doversi arrendere alla fine della speranza: per non essere generici, la speranza di una felicità maggiore per tutti i soggetti coinvolti in una data situazione.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati