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Pierino il fichissimo

Regia di Sandro Metz vedi scheda film

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La recensione su Pierino il fichissimo

di moonlightrosso
2 stelle

Di Pierino ce ne è uno tutti l'artri so' nesuno!

"Se il fichissimo Pierino vedrai divertimento assicurato avrai!", così recitava il flano sui manifesti dell'epoca. "Di Pierino ce ne è uno tutti l'artri so' nesuno!", rispondeva piccato l'Alvaro nostro nazionale, invitando espressamente a diffidare dalle imitazioni.

Uscito a cavaliere tra i due "Pierini" originali, entrambi a firma del fu Marino Girolami, "Pierino il fichissimo" costituisce in ordine di tempo il primo dei cosiddetti "Pierini apòcrifi", uno dei tanti sottofiloni volti allo sfruttamento di un singolo film di cassetta, secondo una mai sopìta usanza dell'italico sottobosco produttivo, individuato col senno di poi tra i maggiori responsabili della morte del nostro glorioso cinema di genere.

Ispirandosi nel titolo al coevo successo abatantuonesco-vanziniano, Alessandro Metz, figlio del più noto Vittorio del famoso duo Metz e Marchesi, viene finalmente promosso dopo vent'anni di aiuti regie, al rango superiore con un copione dallo stesso vergato in collaborazione, udite! udite!, con il principale ispiratore dell'horror fulciano Dardano Sacchetti. Quest'ultimo, vergognatosi non poco della sua "imperfetta creatura", sarà comunque "recidivo" con il lenziano "Pierino la peste alla riscossa" che vedrà coinvolto anche Giorgio Mariuzzo, altro collaboratore storico di uno dei migliori periodi del grande e mai abbastanza compianto cineasta trasteverino.

Tornando a noi, il film annovera una delle peggiori interpretazioni pierinesche nella persona del mediocre Maurizio Esposito, che acquisirà in futuro una discreta notorietà come conduttore di trasmissioni per bambini. Lontano anni luce dallo straripante archètipo Alvaro Vitali e dotato di mimica facciale e vis-comica degni di un merluzzo sotto sale, il malcapitato Esposito riveste un ruolo da protagonista più che altro sulla carta, comprensibilmente limitato, per evidente incapacità, al minimo indispensabile.

Poco incisiva e dipinta in maniera superficiale è anche la strampalata famiglia dell'epònimo protagonista, contrariamente a quanto accadrà nel testè citato "capolavoro" lenziano con l'intervento degli "immensi" Mario Brega e Lella Fabrizi. Decisamente dimenticabili e fuori parte ci paiono dunque il distratto Aldo Ralli, nel ruolo di un padre stralunato e l'infoiato Vincenzo Crocitti, nella parte del fratello maggiore medico nonchè fidanzato della maestra di Pierino; più efficace e simpatica risulta invece la zia zitella fuori di testa e dall'alito fetente, la quale, anzichè parlare, si esprime cantando con voce da soprano.

Costretto "per tenere su la baracca" a dare maggior risalto ai caratteristi di seconda, quand'anche di terza fascia presenti nel cast, Alessandro Metz non riesce comunque a imprimere alla vicenda un ritmo vivace, pur coadiuvato da un montatore versato nell'action e nell'horror come Vincenzo Tomassi e dall'allegra colonna sonora di Stelvio Cipriani, non nuovo a lavori di infimo ordine.

Gli scherzi da prete dell'Esposito e le poche situazioni scolastiche, contenute invece in gran copia negli altri "Pierini", cedono ad altri contesti che si succedono via via che scorre il minutaggio, in maniera sempre più stanca e sfilacciata.

Fanno parte del nostro calderone: il ristorante "Osteria Numero Mille", inevitabile oggetto di motti e battute d'ordinario becerume, retto dal pugliese Gianni Ciardo con il suo tormentone che non fa ridere "...è tutt'un gibillero!!", coadiuvato dalla cameriera Clorinda, che ha le fattezze della procace Adriana Russo. Incline in più d'un'occasione a mostrar le proprie grazie, l'attrice in questione visse all'epoca del girato il suo periodo artisticamente migliore anche e soprattutto in virtù di un'attribuita breve "liason" con Pippo Baudo.

Memore del recente successo del film di Francesco Massaro "I Carabinieri", non poteva mancare anche la caserma della "benemerita" con i suoi ottusi commilitoni. Tra questi svettano il sardo Sandro Ghiani come fidanzato idiota della cameriera Clorinda e il maresciallo Nino Terzo, indimenticato uomo-tricheco dalla parlata "aspirata" con la moglie affetta da meteorismo, in grado di tradurre emozioni e sbalzi d'umore in sonori e incontrollabili peti.

Come in un cocktail male amalgamato si aggiungono inoltre deboli siparietti affidati, tra gli altri, all'immancabile Jimmy il Fenomeno, che ci sollazza con la sua caratteristica risata sconclusionata nel breve ruolo di un postino scemo; ai due camionisti Tuccio Musumeci e Armando Russo, quest'ultimo più noto come "Tognella", nonchè alla coppia di sposini formata dalla bonazza Sandra Canale e dal suo maritino illibato impersonato da un figuro piuttosto antipatico che parla come Massimo Troisi. Nel rispolverare vecchi canovacci del peggior avanspettacolo, si renderanno tutti protagonisti di gags tamente pietose da far rivoltare nella tomba i poveri Garinei e Giovannini.

In un film dove si ride "a scoppio ritardato", riflettendo e domandandosi, senza ovviamente trovare risposta alcuna, su quale sia stata la fonte ispiratrice di cotante idiozie e in un contesto narrativo ormai andato completamente "in vacca", la premiata ditta Metz-Sacchetti opta per un delirante e catartico finale all'"Osteria Numero Mille". La moglie del Maresciallo Terzo, turbata dalla morte del Brigadiere Tusi, avendo letto sul giornale di un incidente con morti feriti e...contusi (sic!) travolgerà con un autentico tsunami di peti tutti gli assurdi personaggi della nostra sgangherata e allucinante vicenda, qui convenuti in guisa d'un'ideale orgia dell'umorismo di bassissima lega e del cattivo gusto.

Dopo quest'esperienza dagli incassi comprensibilmente miserrimi (nonostante la presenza del portafortuna Jimmy il Fenomeno) e dopo qualche altro esperimento demenzial-pecoreccio che non sortirà migliori esiti, Alessandro Metz tornerà mestamente alla sua primigenia occupazione nel dorato mondo della celluloide in qualità di valente aiuto regista.

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