Regia di Sergio Leone vedi scheda film
Sergione Leone, dopo il botto col precedente "pugno", qui aggiusta il tiro, giusto qualche dollaro in più, inserendo un monumentale Lee Van Cleef, preparando così l'apoteosi che verrà col successivo grande successo e definitiva consacrazione, entra nel mito, avendo inventato un genere a se: lo "spaghetti western" che vanta innumerevoli tentativi
di imitazione.
“CERCATELììì... PRENDETELìììì”
In quella scena – da antologia – troviamo il vero – e di nuovo – fulcro dell’opera, uno strepitoso, mostruoso Gian Maria Volontè.
Opera questa, a mio avviso, ben superiore alla precedente quanto a costruzione, trama e sceneggiatura – non ne posso esser certo, ma stavolta almeno, originale se l’altra era scopiazzata – con tanto estro – da una pellicola di Akira Kurusawa.
A quanto pare, a quel tempo, trasporre in chiave western il medioevo giapponese, divenne quasi una moda; tutti sappiamo che accadde anche con il celeberrimo “I magnifici sette”, praticamente un plagio autorizzato vero e proprio de “I sette samurai”.
Andando a controllare la buona fede dell’acclamato cineasta romano, ho scoperto una cosa che mi ha lasciato basito: G.M.Volontè in questi film è doppiato? Possibile?
In effetti... a ripensarci...
Picchi di alto cinema, di qualità: la sequenza della fuga dalla prigione, è magistrale per come realizzata, con accelerazioni e pause improvvise.
E la stessa cosa può dirsi per la costruzione di quella della rapina alla banca, con quei salti di inquadratura, tanto ben sottolineati dal commento musicale, anche qui ad opera di colui il quale diverrà poi l’immenso Ennio Morricone, compositore che proprio grazie allo storico, poi consueto, sodalizio stretto con l’altrettanto grandioso – e corpulento – cineasta romano, doveva il suo immenso successo... fino a divenire un’eccellenza nostrana nel mondo, riconosciuta all’unanimità come il “solito grandioso Morricone”.
Apprezzabili e tanto imitati, quanto inimitabili, i carrelli rapidi che da primo piano su quei volti scolpiti, divengono un piano americano, e subito parte una schioppettata!
Volti peculiari di quel cinema, tra i quali spicca un orripilante, irascibile, Klaus Kinsky (padre della bella Natasha) nel ruolo de “il Gobbo”, (non juventino, ma messicano) impegnato nella celeberrima scena del fiammifero che Mortimer accende sulla sua ruvida barba... ci sarà la rivincita – “guarda chi si rivedeee” – “il mondo è piccolo!” – “e cattivo!”.
Altri due volti che mi sento in dovere di segnalare, perché son sempre rimasti nell’immaginario collettivo penso di tutti gli appassionati di questo genere così peculiare coniato dal Sergione nazionale, sono Mario Brega, e il più artisticamente dotato Luigi Pistilli, presenti in tutta la celeberrima trilogia (toccante la sua apparizione ne “Il buono... ecc ecc).
Gian Maria Volonté quale, se permettete, giganteggia davvero su tutti, anche sul mito vivente Clint, allora già conosciuto in Europa e misconosciuto negli States, sempre grazie a "qualche dollaro", giusto “un pugno”... ;)
Lo scavo portato dalla scrittura al suo personaggio, lo spietato, sanguinario “Indio”, che corre in parallelo con quello del “colonnello Mortimer” – un angelo dall’aspetto luciferino, così ben giocato come suo solito standard da Lee Vann Cleef – quali, per la loro personalissima vicenda, relegano quasi in secondo piano il “Bounty-killer” senza nome, tante macchie e nessuna paura de “il Monco”, recitato a mo di copia e incolla, da un Clint che pare la trasfigurazione di se stesso.
Ma che ne diverrà il suo timbro. Anzi, un marchio di fabbrica riconosciuto e tanto apprezzato – davanti o dietro la cinepresa che sia.
Tante le battute memorabili:– “indio! Tu il gioco lo conosci!”;
oppure – “e quando la musica finisce... cerca di sparare. Cerca!”;
quel “braavoo” sussurrato dal Monco che decreta l’esito del duello conclusivo, sancisce anche la fine dell’epica vicenda.
“c’è aria di famiglia in quella foto...” – “succede a volte...tra fratello e sorella...”;
E la fine di un sodalizio:–
“complimenti ragazzo... sei diventato ricco” – “e la nostra società?”
Quasi con trasporto e virile confidenza, il colonnello risponde un mesto e quasi spiaciuto “Un'altra volta”...
E anche qui, il Sergione nazionale non rinuncia al suo ironico finale, un marchio di fabbrica pure questo: – “E sette... ventuno... BAANG!! – CHE SUCCEDE RAGAZZO?!!... sputh! mmh NIENTE VECCHIOoo! NON MI TORNAVANO I CONTI...”
Lungo “campo lunghissimo” – fine!
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