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5 anni di fidanzamento

Regia di Nicholas Stoller vedi scheda film

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La recensione su 5 anni di fidanzamento

di davidestanzione
4 stelle

La commedia americana degli ultimi tempi, specie quella legata al nome di Jude Apatow e ai prodotti della sua factory, passa inevitabilmente da temi nodali quali il matrimonio, il consolidamento di una situazione affettiva, la ricerca della stabilità. In fondo, è una diretta conseguenza dei personaggi e nella fattispecie dei tipi maschili che la popolano: eterni immaturi coi volti da simpaticissimi paciocconi un po’ tonti o in alternativa col physique du role da nerd sfatto, volgare e grassoccio. Vedi i due prototipi più esemplificativi proprio dell’universo apatowiano, rispettivamente lo Steve Carrell di “40 anni vergine” e il Seth Rogen di “Molto Incinta”, a loro modo “problematici” e dalle vite sentimentali necessariamente in sospeso. Anni luce lontani dai goderecci schiamazzi dei loro corrispettivi anni ’80, quando la commedia d’era reaganiana traeva la sua linfa da ben diverso edonismo di fondo, da ben altre rassicuranti premesse e stabilità socioeconomiche.
Il matrimonio, dunque, non era poi un terreno tanto fecondo per delle problematiche ambientazioni da commedia sentimentale e di sicuro lo era molto meno delle tappe che notoriamente lo precedono.


Prodotto dall’inconfondibile mano del già citato regista di “Funny People” e Re Mida della recente comedy a stelle e strisce, “The Five-Year Engagement” si inscrive perfettamente in tale leitmotiv della commedia a stelle e strisce contemporanea, andando sulla carta a rimpolpare un filone che sembra in costante accesa e che davvero raramente delude le attese, specie al botteghino. Ulteriore, ennesima collaborazione tra il regista Nicholas Stoller e l’attore Jason Segel dopo il buono “Non mi scaricare” e “I Muppet”, entrambi interpreti da Segel che ha anche scritto il soggetto di “In viaggio con una rockstar”, il film è una romcom incentrata su una coppia che, causa di un agognato successo lavorativo di lei, rimanda ulteriormente il proprio matrimonio in barba a un fidanzamento non proprio di primissimo pelo e ad anziani parenti a un passo dalla tomba. Le tappe sono quelle canoniche del genere: spensieratezza iniziale, primi precoci entusiasmi, insorgere dei primi problemi, traviamento del rapporto, separazione, assai probabile (ma non scontato) ricongiungimento.

Tutto così rodato che, al di là della discreta bravura dei protagonisti (il compagnone e apprezzabile Segel e la deliziosa Emily Blunt, very british nel fisico e nell’accento), agli autori viene voglia di apportare qualche variazione sul tema: si sente allora l’urgenza tutt'altro che necessaria di allungare il brodo canonico fino ad estenuarlo, nella durata e nelle ambizioni. Quasi a voler cavar fuori una bibbia esemplare del genere, ossia della commedia romantica (pre)matrimoniale su altari imminenti e dintorni: lo confermano la durata (124’ minuti sono davvero troppi, e i momenti di stanca in cui la noia abbonda e il riso si immobilizza non si contano) e la proliferazione fuori controllo dei personaggi di contorno: parenti dalla verve comica moscia e genitori molto vacui cui corrispondono sceneggiatori/autori qui poco ispirati e davvero palliducci, con a coronare il tutto una ragazzina armata di palestra e un piacione Rhys Ifans nei panni di un assai ben disposto datore di lavoro di lei con inevitabili secondi fini.


Il risultato, inevitabile, è che il bellissimo e assai promettente inizio, con battute al fulmicotone (la carrellata di diapositive delle ex fidanzate) e i lampi di umorismo cinefilo (la gag su “Blood Diamond” o la consapevolezza che il matrimonio non è una commedia con Tom Hanks ma semmai è “Salvate il Soldato Ryan” o “Philadelphia”), si sgonfia ben presto e finisce col procedere secondo modalità assai inerziali in cui si oscilla tra il luogo comune e lo stereotipo con una certa sciatteria di scrittura. E la differenza tra l’uno e l’altro elemento, si sa, non è che sia proprio sostanziale.


Un peccato, in fondo. Perché il film lasciava intravedere una discreta aderenza ai rapporti di coppia della vita vera, vanta un'interessante squadra di personaggi di contorno e a tratti sembra spargere nell’aria sprazzi del miglior Rob Reiner e di sincero humour ben mirato ed efficace. Ma tutto è troppo centellinato, il ritmo è sfilacciato, la compartecipazione autentica coi protagonisti e le loro dinamiche affettiva da parte dello spettatore decisamente sorvegliata, per non dire col contagocce. Si insiste sugli elementi sbagliati, ci si perde in corollari inutili e pecorecci (Segel che a un certo punto, causa permanenza forzata, si fa crescere la barba e si michiganizza bevendo idromele da una brocca che secondo il cognato beota ricorda il membro del celebre Chewbecca di “Star Wars”) e il film per il grosso della sua interminabile durata finisce così col navigare a vista in acque vaghissime, ricordandoci minuto dopo minuto un monito fondamentale, molto simile a una verità incontroverbile: la commedia, specie se romantica e se non buttata in caciara (vedi un'altra recente produzione apatowiana che è addirittura finita agli Oscar, "Le amiche della sposa") è un dosatissimo equilibrio di tempistiche e tonalità del racconto. Un ingranaggio perfetto che in particolare sui tempi, le atmosfere e i passaggi a vuoto difficilmente sa perdonare.

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