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I soliti idioti. Il film

Regia di Enrico Lando vedi scheda film

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La recensione su I soliti idioti. Il film

di mc 5
8 stelle

Come può essere che una sgangheratissima commedia quasi priva di sceneggiatura diventi il caso cinematografico italiano dell'anno? Voglio premettere che la mia opinione (più che altro una somma di impressioni) non è definitiva nè irrevocabile, anzi è aperta ad ogni modifica in conseguenza di critiche e confronti. Il mio giudizio, formato a caldo a poche ore dalla visione è in buona parte positivo. So che in molti si sono indignati accampando le motivazioni più svariate, ovviamente partendo dalla disinvoltura con la quale viene snocciolata una interminabile sequela di volgarità. Poi subito dopo viene una sceneggiatura latitante. Sicuramente non è facile esprimersi su un "oggetto non identificato" come questo film. Già, la Volgarità. Questa pellicola pare costruita attorno ad un'ossessione: quella della Volgarità come sguardo sul mondo e sugli altri. Ovunque allignano mediocrità, egoismo, cinismo. Trattandosi di opera quasi priva di sceneggiatura, è impossibile sintetizzarne la trama. Diciamo che ci sono due protagonisti, il vecchio padre Ruggiero, caratterizzato da una sbracata pronuncia romana, e il suo giovane figlio (Gianluca), imbranato e represso. E aggiungiamo che il padre è un concentrato di tutte le peggiori attitudini dell'essere umano. Intorno a loro ruota poi un mondo composto di personaggi assolutamente surreali e grotteschi: un pony express, una "addetta alle informazioni", una coppia omosessuale spassosa oltre ogni immaginazione e due sposi della borghesia medio-alta che fanno della cafoneria un totem. Molti dei giovani fans di questi due attori (attori, conduttori, non si sa come chiamarli...) già li seguivano con entusiasmo nelle loro mini-storie su MTV, di cui peraltro io avevo solo sentito parlare. Però avevo visto all'opera i due nelle conduzioni di vari programmi e devo dire che li avevo sempre apprezzati in quanto mi erano sembrati spesso piuttosto creativi, sforzandosi di essere spiritosi avendo cura di non essere banali. Fabrizio Biggio è uno spiritaccio toscano, irriverente e anche un pò paraculo, come d'altronde molti dei suoi conterranei. Francesco Mandelli è artista multiforme, poliedrico e incontenibile, sempre incline ad esprimersi in forme differenti, una sorta di fantasista della conduzione tv. A proposito di Francesco c'è però da aggiungere una cosa importante. Lui suona (puttosto bene direi) la chitarra in un duo indierock chiamato "Orange", e siccome li ho visti in azione un paio di volte, posso testimoniare che sono veramente bravi. Sulla vicenda in sè non c'è granchè da dire, dal momento che una vera trama non esiste, ma si procede per accumulo di scenette e gag. E allora cosa resta da dire? Beh, da dire ce ne sarebbe, se solo volessimo analizzare compiutamente questo "caso" cinematografico. E allora parliamone, di questo "assalto" di Volgarità. E per disquisirne in modo esaustivo non si può evitare di contestualizzarlo. Chi mi conosce sa quanto io detesti quel tipo di commedia americana che oggi pare imperversare, quella che tende ad abusare del politicamente scorretto facendo di certo sguardo anarco-demenziale un patetico clichè (Judd Apatow e dintorni). Ma in questa sede ci interessa circoscrivere il discorso alla cinematografia italiana. Non so voi come la pensiate, ma io della commedia italiana oggi, anno di grazia 2011, penso tutto il male possibile. E lo dico cercando di trattenermi, perchè questo (parlandone da cinefilo) è uno di quei temi sui quali facilmente m'infervoro. Potremmo anche partire da lontano, dalle origini. Cioè dai b-movie italiani degli anni 70 (Bombolo, Vitali etc) che fa sempre fico rivalutare anche se forse si è ecceduto sopravvalutando anche palesi schifezze. Ma poi, soprattutto, c'è la gloriosa "commedia all'italiana", quella celebre in tutto il mondo per il suo sapore agrodolce e per la sua meravigliosa attitudine a fotografare un'epoca, un momento storico, sociale e politico (chiaro che sto parlando di cineasti ed attori ahimè irripetibili e mai più uguagliati, da Sordi a Gassman e Tognazzi,  da Zampa a Salce, da Risi a Monicelli). Ecco, venendo a tempi a noi più vicini, io penso che i classici cinepanettoni fossero un triste tentativo di fondere la nobile commedia all'italiana con la volgarità dei suddetti filmacci di serie B. I produttori, vedendo che la cosa era proficua in termini di incassi, hanno poi premuto sempre di più sul pedale della volgarità cialtrona, relegando questi cinepanettoni ad un'idea di cinema squalificante. Ma, in in anni recenti, abbiamo assistito ad un nuovo singolare fenomeno: i "cinepanettoni intelligenti". E' capitato cioè che un manipolo di giovani cineasti di qualche talento (Brizzi e Veronesi in primis) abbiano promosso dei prodotti comici di livello senz'altro superiore (ci voleva poco...) a quello dei cinepanettoni, avvalendosi peraltro di attori di provata esperienza (Bisio, Finocchiaro, Littizzetto, Solfrizzi ed altri). Si è creato così un nuovo filone umoristico popolare che però, contestualmente ad una vasta diffusione commerciale, si ripiegava sempre più su schemi sempre simili, mostrando evidenti limiti creativi. Per spiegare meglio, possiamo assimilare questo tipo di prodotti al fenomeno televisivo di "Zelig": prima c'è una esperienza innovativa che svecchia la scena con intelligenza, ma quando poi subentra il successo popolare ecco che è tutto un adagiarsi su modelli vincenti consolidati. Al punto che quando io vedo l'ennesimo cartellone di un nuovo Brizzi con le solite Finocchiaro e Littizzetto che ammiccano piacione, beh, io volgo lo sguardo da un'altra parte. Sintetizzando, oggi il cinema italiano di commedia oscilla dunque tra una Finocchiaro che gigioneggia con "umanità" e un Enzo Salvi che scorreggia. Dove voglio arrivare? So di spararla grossa, ma io penso che il produttore Pietro Valsecchi, con questi suoi "Soliti Idioti", abbia lanciato nello stagno un macigno pesantissimo. Un prodotto che prende le sacrosante distanze sia dai peti di un mummificato Boldi, sia dalla piacioneria caruccia di un Luca Argentero o di un Fabio Volo. Un film che usa la volgarità come clava per fare giustizia dei Brizzi furbetti e piacioni ma che osa nel contempo pisciare finalmente con incosciente sventatezza su un'idea tutta "romanocentrica" della comicità zozza e burina. Mandelli e Biggio ci rovesciano addosso una valanga benefica e molto pop di parolacce e pensieri volgarissimi, che ci paiono finalmente selvaggi e liberatori, perfino intelligenti nella loro carica surreale che ci fa percepire una sorta di corto circuito tra i pensieri più infimi e i colori di un mondo svagatamente pop. Un sogno in acido tra i Monty Python e un delirio in musical. Andate a vedere questo pazzo pazzo film e godetene senza il paraocchi di alcuni critici prevenuti; scoprirete così che il vecchio padre è un campionario di crudeltà talmente potente da risultare inquietante, specie se nascosto dietro quell'incredibile maschera di cera e cerone. E, ancora, troverete la sorpresa di una coppia gay coloratissima che si esprime col linguaggio del musical. E solidarizzerete con un pony express dal pizzetto grunge che pare condannato alla solitudine. E se vi troverete in sala circondati da un esercito di "soliti idioti" telefonino-dipendenti...pazienza: si sa che l'Arte spesso è più avanti di qualche spanna rispetto al pubblico che la fruisce.
Voto: 8 e 1/2

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