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Il mio domani

Regia di Marina Spada vedi scheda film

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La recensione su Il mio domani

di barabbovich
2 stelle

Non so se dopo il premio per la miglior regia vinto al Mar del Plata film festival nel 2007 (Come l'ombra) l'opera numero tre di Marina Spada si sia aggiudicata qualche alloro anche al festival del cinema di Strangolagalli (FR) o a quello di Gardone Val Trompia (BS). Fatto sta che la regista meneghina, classe 1958, ha uno stile cinematografico ben riconoscibile e pertanto assai adatto alle ingordigie snobistiche festivaliere, uno stile basato sul nulla pneumatico. Come per il suo già citato film d'esordio, la Spada ribadisce una spiccata attitudine nel far girare a vuoto le sue opere. Sarà per questo che - tra i pistolotti da primo giorno di formazione per aspiranti sceneggiatori - si insiste tanto sul rapporto tra vuoti e pieni. Il mio domani è un film di vuoti: non si capisce perché il padre della protagonista (Pisu) sia ossessionato dalla religione, né quale rapporto intercorra tra la protagonista stessa e il datore di lavoro (Pierobon), del quale è l'amante. Ma sembrano buttate lì a caso anche le altre frange narrative: un corso di fotografia frequentato chissà perché, il rapporto di maternità surrogata con un nipote mezzo scemo, quello strambo con un amante passeggero (Guanciale).
Il mio domani aspira a essere il ritratto di una donna - peraltro interpretata con inarginabile sussiego da una Claudia Gerini tutt'altro che all'altezza e diretta malissimo - in crisi perenne, una manager che propina corsi di formazione in azienda (o forse fa la tagliatrice di teste? Non si capisce neppure questo), vede sporadicamente il padre e all'occasione si fa qualche trombata in giro. Ma la Spada non è Antonioni e la Gerini non è la Vitti, come documenta questo film carico di ellissi e vuoto di senso. Svogliata persino la colonna sonora formata da due jazzisti di rango come Paolo Fresu e Bebo Ferra.

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