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È nata una stella

Regia di George Cukor vedi scheda film

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La recensione su È nata una stella

di luisasalvi
4 stelle

Presentato come il remake del film omonimo di Wellman, trascurando il fatto che questo a sua volta era già ispirato al precedente A che prezzo Hollywood? dello stesso Cukor. La copia attuale, restaurata alle dimensioni iniziali dopo che la Warner lo aveva ridotto, lo ha reso certamente più noioso; forse merita rivederlo con tagli ancora più drastici di quelli operati a suo tempo dalla Warner: non che la povera Judy Garland non canti bene o non sia brava, ma è noiosa e i suoi canti sono inutili nell'economia del film, chiaramente messi per lei da un marito amorevole che le fa da produttore. L'inserto sul suo primo film ha momenti simpatici ma è insopportabilmente lungo. Il fatto che il film scambi la situazione biografica della protagonista, facendone una giovane attrice sulla cresta dell'onda che si sacrifica per salvare il marito alcolizzato, mentre la Garland è ormai vittima della droga e il marito impone e paga il film nel tentativo di salvarla, è un fatto molto patetico che riscuote simpatie ma non rende bello il film. Né lo rende bello il fatto che sia una denuncia dei retroscena e del cinismo di Hollywood, né che sia uno dei primi film ad usare relativamente bene il colore. Possono essere pregi storici o morali o sentimentali o sociali, ma non estetici. Forse fra i peggiori film di Cukor, fra i meno sentiti come film, forse proprio perché sentito come dramma personale dell'attrice, perché la partecipazione emotiva ai fatti narrati è ben altra cosa dalla partecipazione artistica e spesso la impedisce. E' evidentemente voluto lo scambio rispetto alla situazione reale in cui ormai vittima della droga è proprio l'attrice protagonista e non il marito; eppure molti "critici" riportano questo scambio di ruoli come "ironia della sorte"; è facile immaginare quanto siano attendibili le loro lodi al film.

Altre sviste di recensori: Norman era già al tramonto e preda dell'alcool quando inizia il film e lui incontra per la prima volta Vicky Lester; il motivo della decadenza e dell'alcoolismo può essere ovvio perché già visto in tanti altri film sul cinema e letto in tante cronache su attori, ma nel film non risulta. Norman smette per un poco di bere per amore di lei, ma neppure questo è raccontato o spiegato, così come non si capisce perché non possa più recitare bene dopo che ha smesso di bere; invece viene spiegata banalmente la ricaduta con il fatto che il postino, consegnando un pacco per la moglie, chiama il marito "signor Lester", con il cognome di lei, che peraltro è uno pseudonimo imposto dalla produzione quando lei è stata assunta. Alla consegna dell'Oscar lui, ubriaco, non le dà uno schiaffo (Mereghetti), bensì la colpisce al viso involontariamente e se ne scusa subito, mortificatissimo. La figura dell'agente che provoca l'ultima ricaduta di Norman, lodata da molti, è inverosimile nel suo odio immotivato, adatta ad una farsa o ad una favola in cui alla fine viene sconfitto e deriso, non ad un dramma che vorrebbe essere realistico (anzi: reale) e di cui lui finisce per essere la causa. 

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