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Cogan - Killing Them Softly

Regia di Andrew Dominik vedi scheda film

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La recensione su Cogan - Killing Them Softly

di rocky85
7 stelle

“Quello viene a dirmi che viviamo in una comunità? Non farmi ridere. Io vivo in America, e in America tu sei solo. L’America non è una nazione, è soltanto affari. E adesso pagami!” sentenzia il cinico sicario Cogan (Brad Pitt), mentre in tv passano un comizio di Obama (è lui il “quello”), a colui che l’ha assoldato per regolare i conti ed eliminare i rapinatori di una bisca mafiosa. Dopo l’ottimo L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, il talentuoso Andrew Dominik (regista e sceneggiatore), ispirandosi ai registi della New Hollywood degli anni Settanta, prosegue nella sua destrutturazione dei generi classici del cinema americano. Dopo il western, tocca quindi al noir. Se però nel film precedente, il realismo della messa in scena era inserito in un contesto comunque epico e leggendario, qui sceglie i toni freddi e distaccati di una triste ballata macabra. Cogan – Killing Them Softly è sicuramente un film particolare e affascinante, e questo soprattutto per il tono gelido con il quale rappresenta la storia. Inoltre contribuisce a ricreare un mondo lercio e spietato, ambientando la storia in una America allo sbando, tra strade violente popolate da gente pronta a spararsi per niente, e slogan pubblicitari onnipresenti di una campagna elettorale, quella tra Obama e McCain, che sembra sviante dal contesto. Detto ciò, quello che mi ha convinto di meno è la presenza di un esagerato formalismo (o manierismo) sia registico che scritturale. Andrew Dominik è bravo, e su questo c’è poco da discutere. Ma forse è troppo consapevole di essere bravo, e tende a strafare. Così, sia nell’estetica visiva sia nella sceneggiatura (che, con l’obiettivo di caratterizzare tutti i personaggi presenti, finisce virando verso il grottesco e il surreale in stile quasi tarantiniano), il film si incarta in un autocompiacimento fine a sé stesso, permettendo agli attori di recitare sopra le righe, cosa che non giova al tono inizialmente inteso dal regista. Cogan è quindi un film che concentra in 97 minuti tutti i pregi e i difetti di un regista potenzialmente bravissimo. C’è tanto materiale, ci sono sequenze memorabili (l’incipit, l’esecuzione per strada al ralenty, la scena sotto effetto dell’eroina, il discorso finale di Cogan), ma rimane qualcosa di irrisolto. Di certo è però un film che va visto, e del quale è opportuno discutere e confrontarsi.

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