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Il gioiellino

Regia di Andrea Molaioli vedi scheda film

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La recensione su Il gioiellino

di mc 5
6 stelle

Prima di tutto vorrei esprimere la mia soddisfazione, a prescindere dal giudizio di merito sul film (che affronterò ovviamente più avanti), che è poi la soddisfazione che mi coglie ogni volta che ho il piacere di vedere uscire in sala un film italiano che non sia la solita commedia comica, e sia lodato chi ne è il regista e chi ha tirato fuori i soldi per produrlo. Ciò detto, parliamo pure di questo film attorno al quale c'era una certa attesa visto che ha tratto palese ispirazione dal dissesto finanziario italiano più clamoroso degli ultimi decenni. Il film è molto interessante, ha saputo indagare l'accaduto da un punto di vista non banale e non scontato. Il regista Molaioli ha scelto di non realizzare una pellicola-documento, quindi anzichè un film inchiesta un dramma incentrato sull'analisi approfondita della personalità dei protagonisti, per capire da quali psicologie abbiano preso le mosse le decisioni che hanno portato a quei tristi eventi. Ho appena detto di una scelta intelligente e non banale; sì, ma incentrare tutto sulle definizioni dei caratteri di quelle due persone (il capitano d'industria e il suo aiutante) comportava un rischio. Quello, qualora si fosse ecceduto in certo manierismo minimale, di sconfinare nell'effetto fiction-tv. E mi spiace doverlo dire, ma Molaioli non è riuscito ad evitare questa deriva. Se escludiamo la fase conclusiva del film, che è palpitante e coinvolgente perchè riprende il precipitare finale degli eventi, tutta la prima parte è piuttosto statica e basata su tempi forse troppo dilatati. Diciamo che l'occhio della camera si sofferma forse un pò troppo compiaciuto sui primi piani dei volti. Volti di attori eccezionali, d'accordo, ma non abbastanza da neutralizzare quell'impressione da fiction televisiva che spesso affiora con prepotenza. Accennavo prima alla scelta di Molaioli di non fare una docu-fiction cronachistica, e la prova più evidente sta nel fatto che nel film non appare nessun cenno ai gravi danni subiti dai risparmiatori. Le prestazioni di Servillo e Girone sono magistrali, ma il sospetto è che (soprattutto nel caso del primo) si sia largheggiato in una caratterizzazione tra il narcisista e il compiaciuto. Troppi primi piani silenziosi, quasi a voler creare un "mostro" da osservare con morbosa attenzione antropologica...quando poi, stringi stringi, costui non è altro che un esaltato e un disgraziato. E poi vorrei aggiungere una considerazione su un fattore importante. Molaioli ha evidentemente scelto di "umanizzare" i due protagonisti. Scelta condivisibile sotto molti aspetti, perchè ci permette di conoscerne le psicologie, le debolezze, le fragilità, le paure, gli scatti d'orgoglio. Ma con una controindicazione pericolosa. Affiora cioè l'impressione che tutto il noto caos finanziario sia nato da persone che hanno voluto cimentarsi in un'impresa troppo più grande di loro. Persone che in fondo erano legate ad una cultura industriale arcaica non all'altezza con le spregiudicate sfide imposte dall'economia globalizzata, e allora diciamo così che si sono arrangiati malamente, hanno "improvvisato", combinando quello che hanno combinato. In questo senso, basti pensare alla cultura dei "valori" cui fa continuo riferimento Rastelli/Tanzi, e soprattutto alla "rabbiosa" ignoranza di Botta/Tonna che si arrangia studiando l'inglese sulle dispense con discutibili risultati. Insomma per farla breve Molaioli ha quasi voluto "romanzare" quei due personaggi, rendendoli sicuramente più interessanti per una ipotetica fiction televisiva, ma tutto ciò concorre a ridurre la reale portata degli eventi. Parliamoci chiaro: quei due (ciascuno a suo modo) non erano due "deboli" o due "poveracci" di provincia, ma due personaggi da galera, due persone con qualche attitudine da delinquenti, due criminali che hanno rovinato centinaia di famiglie, due avidi e cinici. Altro che due provincialotti incapaci di gestire i cambiamenti! Ciò detto, capisco che una "messa in scena" abbia le sue esigenze e non mi permetterei mai di insegnare il suo mestiere a Molaioli, che peraltro se la cava tecnicamente piuttosto bene. Come ho già detto distinguerei il film in due parti. La prima è troppo basata sulla sfida estenuante e noiosa tra Botta e la ragazza in carriera (personaggio peraltro totalmente inventato in sede di sceneggiatura). La seconda riesce invece ad essere avvincente e coinvolge il pubblico, finalmente abbandonando il minimalismo dei silenziosi primi piani ed adottando un ritmo necessario per raccontare il precipitare degli eventi. Ciò che più coinvolge lo spettatore è assistere alle reazioni dei due protagonisti di fronte al peggiorare inesorabile della situazione. Rastelli sembra un naufrago in balìa delle onde impetuose, che sconfortato si aggrappa ad ogni zattera vagante che incontra, illudendosi e sperando nel miracolo. Botta è un demonio, un vero diavolo. E' un piacere inebriante (cinematograficamente parlando) vederlo mentre "sbianchetta" i dati di un bilancio con espressione gelida; mentre esamina e manipola quelle cifre pare quasi posseduto da un dèmone. E si esce dalla sala con parecchi spunti di riflessione. Si pensa soprattutto a Botta. Quest'uomo che lavora giorno e notte, schiavo dell'ossessione aziendalista. Ma anche a Rastelli, "una brava persona", legata ad una mentalità tradizionale e conservatrice da buon democristiano, ma che quando si arriva al dunque, permette (ben consapevole!) che si compiano degli autentici crimini finanziari. Ma poi non si può evitare la madre di tutte le domande: come è stato possibile tutto ciò? Cioè, come è stato possibile non insospettirsi di fronte ad un'azienda che pur esibendo bilanci floridi chiedeva continuamente crediti e prestiti? La risposta è perfino ovvia: ognuno ha giocato il suo ruolo. Dai banchieri ai finanzieri, dai politici alla stampa. Tutti complici. E la sensazione (triste) è che troppi di costoro siano usciti puliti da questo infame merdaio. Segnalo, come ho già fatto con piacere in tante altre occasioni, il talento di Teho Teardo, autore del commento sonoro nonchè nome notissimo a chi segue la scena italiana indipendente. Quanto al cast, nulla da eccepire. Servillo il solito mostro ineguagliabile. Girone professionista navigatissimo. Brava Sarah Felberbaum. Ma assai in forma anche i comprimari, a partire dall'ottimo  Lino Guanciale, visto da poco anche nel "Vallanzasca" di Placido, e qui nel ruolo di un giovane dirigente, l'unico che ha pagato di persona suicidandosi per non aver retto il peso della vergogna. L'unica persona dignitosa di tutta la storia.
Voto: 7

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