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L.A. Zombie

Regia di Bruce La Bruce vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L.A. Zombie

di kotrab
8 stelle

Nel 2010 B. LaBruce con L.A. Zombie (presentato anche ai festival di Locarno e Torino, rifiutato invece da quelli australiani) ha voluto approfondire e portare all'estremo alcuni spunti scaturiti da Otto; or, Up with Dead People. La materia di partenza è ancora una nuova figura di zombi che, pur omaggiando nella locandina Zombi (Dawn of the Dead) di George Romero, se ne discosta come identità e funzione: lo zombi è icona del disadattato, del gay, è un qualcosa che cerca un suo scòpo, qui però tratteggiato ancora più ambiguamente perché la sua identità rimane incerta dato che potrebbe essere anche un senzatetto alienato e schizofrenico che cangia sembianze in continuazione e a volte vede pure se stesso agire secondo un processo di sdoppiamento.

Lo zombi François Sagat, icona gay di questi anni, emerge dall'oceano (e qui ricorda l'altro romeriano La terra dei morti viventi), una creatura mostruosa e verdastra che vomita sempre sangue, con denti sporgenti che poi diventeranno zanne deformi, vaga per le strade di Los Angeles in cerca di cadaveri con cui accoppiarsi carnalmente nelle loro ferite col suo pene abnorme ed eiaculante fiotti di sangue, cadaveri che abbondano in una metropoli dove si muore con leggerezza e con violenza. Egli però ha la facoltà di farli tornare in vita, anzi, in una non-vita e così assume caratteristiche messianiche.

LaBruce estremizza appunto il gore, il sesso esplicito e il disgusto esasperato, unisce ancor di più sperimentazione, pornografia e horror, scompare l'ironia rispetto a Otto ma restano la malinconia e un che di dolcezza sotto la superficie cruenta, la politica lascia il posto ad un discorso forse più sociologico, la narrazione che là era frammentaria qua è più lineare ma strutturata a blocchi e in sequenze, i dialoghi scompaiono in modo da lasciare campo libero alla pura visione e alla musica (quella introversa e cupa orchestrale e da camera è di Mikael Karlsson, con anche un arrangiamento evitabile del Notturno op. 72 n. 1 di Frederic Chopin). L'arte visiva è creata ancora da ondate irrealistiche di sangue, il contenuto sta nella ricerca dell'amplesso rigeneratore ma sempre comunque legato al disfacimento; amore e morte portati alle estreme conseguenze.

Operazione contraddittoria e strampalata? Aria fritta o poesia oscura e goticheggiante o ancora deforme escrescenza dell'espressionismo? Quali siano le conclusioni che ognuno vuol dare, L.A. Zombie è un film originale, coraggioso e molto ben fatto e diretto nonostante le continue difficoltà lavorative in soli sette giorni senza permessi (il trucco sempre mutevole di Sagat è dovuto a queste ristrettezze ma contribuisce al mistero e alla particolare atmosfera del film), affascinante nel suo essere sia repellente che conturbante. Sicuramente già cult e in fondo definibile solo come opera di Bruce LaBruce.

Dvd Queer Frame/Atlantide Entertainment.

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