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Blood Story

Regia di Matt Reeves vedi scheda film

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La recensione su Blood Story

di mc 5
6 stelle

Questa è una di quelle recensioni che nascono all'insegna dell'imbarazzo e dell'incertezza su come impostarle. Ma stavolta in modo particolare, perchè c'è una situazione un pò speciale, che peraltro è stata sottolineata in quasi tutti gli articoli di giornale che del film si sono occupati. Nel 2008 il film "Lasciami entrare" creò un piccolo caso cinematografico, un film a basso budget conquistò l'attenzione del pubblico e della critica planetaria, sia per la matrice artistica svedese, sia per lo sfondo di una cittadina -appunto- della Svezia, ma soprattutto per la vicenda decisamente originale. Si narrava di un delicato sentimento d'amicizia nato tra un bambino dodicenne di indole solitaria e una dolente coetanea di natura vampiresca ma di sembianze umane. Questa bella storia (peraltro tratta da un romanzo) fece il giro del mondo (e delle sale), vinse qualche premio e scrisse una pagina di cinema quanto meno assai interessante e non banale. In qualche ufficio "strategico" di Hollywood, qualcuno allora si mise in testa che quel soggetto, opportunamente adattato, avrebbe potuto funzionare come blockbuster, magari confezionato in edizione "de luxe", meglio ancora se affidato ad un giovane regista in carriera e magari coinvolgendo nel progetto qualche star in brillante ascesa. A Hollywood sono fatti così: se sentono odore di soldi, state pur tranquilli che non li ferma nessuno. Insomma, gli americani hanno realizzato proprio quello che volevano: un remake (pompato a dovere) di un film svedese che aveva creato a suo tempo sì, un caso, ma la cosa si era fermata lì. Al "caso", appunto. Ma ora la domanda che preme è: "allora, com'è 'sto remake? è una bufala patinata oppure ha mantenuto intatto lo spirito originario?". E qui sta il punto. Il film è diretto proprio bene, e interpretato ancora meglio. Attori eccellenti, atmosfera giusta. Film bellissimo. Ma ci sono dei dettagli non da poco da chiarire. Se volessimo buttarla sullo scherzo potremmo affermare che gli sceneggiatori americani non è che si siano ammazzati dalla fatica. Ebbene, qualcuno a Hollywood ha deciso che il remake non solo si sarebbe attenuto scientificamente all'originale, ma ne sarebbe stato la copia carbone, proprio in senso filologico, ricalcandone lo svolgimento, scena dopo scena. Attribuendo (presumo) a tale scelta il significato di un tributo all'originale. Ed ecco dunque che assistiamo alla riproposizione della stessa identica vicenda, con l'aggiunta di due soli elementi. Qui appare un personaggio in più, un detective impersonato dal bravo Elias Koteas, ma che non aggiunge nulla di rilevante alla storia. E poi lo sfondo, che non è più un algido paesaggio svedese sovrastato dalla neve, qui sostituito da una cittadina del New Mexico (se non fosse che anche nel New Mexico non fa che nevicare e intorno ai protagonisti vediamo solo neve). Ma a questo punto nello spettatore si fa strada una domanda. Ma era proprio necessario allestire questo remake? Se l'originale (che ho avuto la fortuna di vedere) era così efficace, emozionante, sorprendente, per quale astruso motivo si è scelto di riproporlo (dopo appena tre anni!) ricalcandolo sequenza per sequenza? Personalmente, ho vissuto con una punta di ironica indifferenza (già conoscendole) le scene in cui la bambina aggredisce le sue sventurate vittime, mentre sono rimasto paurosamente coinvolto dalle sequenze in cui il vecchio padre mette in scena i macabri rituali che accompagnano le sue "trasferte" notturne. Si tratta di scene realmente spaventose che possono mettere alla prova anche la resistenza dei cinefili più sgamati. E ciò che turba lo spettatore non è tanto qualche dettaglio splatter di quelle macabre aggressioni quanto piuttosto l'evidente disagio di questo uomo anziano e disperato, che agisce per necessità fisica ma che ormai è solo in attesa di un pretesto per uscire di scena. Il suo è forse il personaggio più anticonvenzionale del film, magistralmente interpretato dal veterano Richard Jenkins. Spero di non apparire nè polemico nè malizioso se espongo un mio pensiero: io credo che uno dei principali motivi che hanno convinto i produttori americani del film ad investire soldi su quello che potremmo definire un "instant remake", è da ricercarsi nell'auspicio di richiamare nelle sale lo stesso giovanissimo pubblico che decretò il successone di "Twilight". Provate a vedere il film (come è capitato a me) un sabato sera in una qualsiasi multisala  e realizzerete che il 90% del pubblico è dato da ragazzine in estasi. Il fatto poi che queste ultime si trovino di fronte ad un film centomila volte meglio di "Twilight" (ed altrettante volte meglio interpretato) è tutto un altro discorso, non escludendo la possibilità che le stesse teen agers escano alla fine deluse per aver visto un film troppo impegnativo per le loro fragili testoline popolate di cuoricini e di SMS. Resta da dire di un ottimo cast, che si avvale di tre punte di diamante. Il piccolo sensibilissimo Kodi Smit-McPhee, che avevamo apprezzato come figlio di Viggo Mortensen nello splendido ed apocalittico "The Road", dotato di un viso assai mobile e già interprete scafatissimo. Chloe Moretz: che dire di questa 14enne che emana, seppur adolescente, il fascino irresistibile di una diva hollywoodiana? E concludiamo con un volto notissimo del cinema a stelle e strisce, il grande Richard Jenkins, che qui offre una performance all'altezza della sua fama conclamata: il suo anziano vampiro che non riesce a trovare pace, sconfitto dal dolore e dal disagio, è davvero un gran bel ruolo. Credetemi, mi costa molto doverlo ammettere e mi dispiace sinceramente: un film bellissimo ma che suona irrimediabilmente inutile per chi ha visto l'originale. E chi non avesse visto il primo? Beh, si goda pure questo bel film, ma guai a lui se non si procura al più presto la prima versione. E poi trarrà da sè le proprie conclusioni.
Voto: 7

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