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Post mortem

Regia di Pablo Larrain vedi scheda film

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maurizio73

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La recensione su Post mortem

di maurizio73
8 stelle

Impiegato presso l'obitorio di Santiago del Cile, dove si occupa di trascrivere i referti autoptici, Mario conduce una vita grigia e solitaria cullando una indolente ossessione sentimentale per la vicina di casa, soubrettina di avanspettacolo in crisi professionale e umana. Quando le squadre della morte del generale Pinochet sterminano la famiglia di lei in seguito al golpe in cui viene deposto e ucciso il presidente Allende, egli approfitta della sua posizione di vantaggio per tenerla nascosta, ventilando proditoriamente una proposta di matrimonio. Il suo rifiuto le sarà fatale... Continua, dopo il riuscito esordio del 'Tony Manero' vincitrice al TFF, la trilogia di Larrain sugli anni del regime militare del generalissimo Pinochet (qui proprio nei gironi a ridosso del golpe del 1973), attraverso un ulteriore ritratto del disagio esistenziale ed etico cui lo stesso Alfredo Castro presta la sua maschera di impassibile ambiguità, nei suoi spostamenti compulsivi lungo quella incerta linea di demarcazione tra l'ossequio al potere ed le aberrazioni morali di un egocentrismo laido e disumano. Formalmente più freddo e asettico di quanto non fosse già l'opera precedente, Larrain epura il suo realismo simbolico dalle residue tracce di sottolineature musicali, per proporci la raggelante cronaca di un massacro annunciato, laddove i rumori d'ambiente e la scarna progressione narrativa (tra inquadrature fisse e la inesorabile lentezza del montaggio) suggeriscono,più che mostrarlo direttamente, l'orrore della dissezione anatomica del corpo martoriato di una democrazia popolare vituperata e tradita, il silenzio assordante di una violenza disumana che produce (come tutte le epurazioni politiche che si rispettino) il macabro inventario di un inarrestabile genocidio. Attraverso un artificio ellittico di spiazzante semplicità, l'autore ci mostra la sorte predestinata di una vittima sacrificale (una tra le tante) quale indiretta conseguenza di un clima 'morale' di crudele impunità, riproponendo (come nel personaggio-feticcio della sua opera precedente) le degenerazioni sociopatiche di un 'uomo senza qualità', un grigio funzionario-dattilografo che non sa battere a macchina, amante impotente di un desiderio non corrisposto, servile militante di un potere in cui non crede ma che si dispone ad assecondare con la infingarda doppiezza di chi persegue cinicamente i propri scopi. Cinema etico in cui la scelta delle soluzioni figurative (la doppiezza del personaggio-simbolo, il climax di allarmante provvisorietà, la asettica freddezza di una fotografia da 'camera mortuaria') si coniuga mirabilmente con le sue ragioni politiche ed il suo impegno civico, assecondando la vena di un autore che non ostante l'età anagrafica sa come rigirare dolorosamente il coltello (pardon il bisturi) nelle ferite ancora aperte di una storia patria di laceranti divisioni e conflitti irrisolti, percorrendo ancora una volta quelle strade lastricate che altrove ed in momenti diversi hanno portato ad esiti espressivi di straordinaria consonanza (per citarne due pensiamo a 'Spalovac mrtvol' di Juraj Herz del 1969 e 'Cekist' di Aleksandr Rogozhkin del 1992) a ricordarci che nell'orrore dei corsi e ricorsi storici l'abominio e l'aberrazione si manifestano attraverso le ambigue e sulfuree personificazione di una sconcertante 'banalità del male'. Film che si apre simbolicamente sulla soggettiva di un carrello da 'morgue' quale macabro presagio di un blindato che attraversa la devastazione golpista delle strade di Santiago e si chiude con la spietata pianificazione di una puerile e disumana vendetta. Nomination per il Leone d'oro al Festival di Venezia 2010.

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