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Caribbean Basterds (Caraibi & Bastardi)

Regia di Enzo G. Castellari vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Caribbean Basterds (Caraibi & Bastardi)

di petweir
2 stelle

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Film piuttosto indecente, al di sotto del minimo sindacale. E' lo “scult” di Enzo G. Castellari, grande artigiano del cinema italiano degli anni '70, venerato da Quentin Tarantino che nel suo meraviglioso Bastardi senza gloria lo ha omaggiato sin dal titolo e più in generale autore di culto per gli amanti del poliziesco all'italiano (è suo La polizia incrimina, la legge assolve; Il cittadino si ribella) e dello spaghetti western, genere in cui il regista si è cimentato con alterni successi ma dimostrando buone capacità (Il ritorno di Django, Vado, l'ammazzo e torno). In più Castellari, specie negli anni '80 ha sfornato tutta una serie di titoli di assoluti b-movie, da L'ultimo squalo a Fuga dal Bronx, plagi a bassissimo costo di film di successo di quegli anni, in cui alla mancanza di un budget adeguato e di attori nel vero senso della parola, Castellari sopperiva con il consueto mestiere e con un citazionismo divertito. Con Caribbean Basterds, il regista di Quel maledetto treno blindato tocca il fondo e lo fa, tra l'altro a quindici anni dal suo ultimo film uscito al cinema. Non solo per la trama scombiccheratissima (tre ragazzi, di cui due fratelli incestuosi nonché figli di un trafficante d'armi, seguono le orme della banda di Alex di Arancia meccanica vendicandosi dei ricchi trafficanti di armi riparati ai Caraibi) o per alcuni dialoghi che lasciano esterrefatti (“Quando l'ho preso a calci, ho capito finalmente che la mia vita aveva un senso”, esclama uno dei protagonisti): quel che più lascia stupefatti è l'approssimazione con cui il film è stato girato. Che, sì, è girato in digitale con una macchina ad alta definizione, ma incredibilmente a molte sequenze in HD sono affiancate sequenze in standard definition restituendo allo spettatore l'impressione di un filmino amatoriale più che di un film vero e proprio. A complicare le cose, un cast ben al di sotto la decenza, con tre interpreti che paiono usciti da un film porno o comunque pensano di esserci, diffuse sequenze di sesso soft, queste sì proprio da film per adulti, una scenografia elementare, effetti speciali risibili. A ben vedere, non manca qualche colpo alla Castellari, il citazionismo sfrontato con cui chiama uno dei personaggi Diego Tarantino, gira un finale alla Il mucchio selvaggio e intervalla il film di parecchi omaggi al cinema western italiano, a Pulp Fiction e persino a Stanley Kubrick. Peccato che però alla fine di Caribbean, costato a quanto pare 800.000 dollari per la maggior parte usati per la trasferta in Venezuela dove il film è stato girato, la sensazione rimanga quello di aver visto un film soft-core interpretato da attori per caso e diretti da un regista che sembra aver perduto, forse per sempre, la vena di un tempo.

 

 

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