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La donna che canta

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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La recensione su La donna che canta

di Stuntman Miglio
10 stelle

Come on, come on
You think you drive me crazy
Come on, come on
You and whose army?
You and your cronies
Come on, come on
Holy Roman empire
Come on if you think
Come on if you think
You can take us on
You can take us on
You and whose army?
You and your cronies
You forget so easy
We ride tonight
Ghost Horses


E' su questo splendido brano dei Radiohead che si apre "La donna che canta", un capitolo di cinema strepitoso ed imprescindibile che va oltre la semplice messa in scena di una storia puntando dritto alla coscienza collettiva con un disperato grido di rara potenza. La visione del film del talentuosissimo Villeneuve è di quelle che ti rimangono impresse nello sguardo e nella mente per lungo tempo destandoti da un torpore fatto di noia e rassicurante routine. Non dimenticare, non ignorare. Un monito universale che in tanti cominciano a non percepire più nel suo vero significato. Ma non Nawal Marwan. Lei, i segni della guerra, li porta dentro di sé ogni singolo giorno della sua vita e sono indelebili. Cicatrici che ti straziano l'anima. E' per questo che, in punto di morte ed in un ultimo sconfinato gesto d'amore, costringe i giovani figli a ripercorrere la storia della loro nascita alla ricerca di un padre sconosciuto e di radici dimenticate che li porteranno nel cuore di un medio oriente dilaniato da odio e violenza ancestrali. Dotato di una trama non lineare, divisa in capitoli che fanno avanti e indietro in quarant'anni di storia contemporanea, "La donna che canta" trascina il proprio spettatore in un mondo che, ingiustamente, reputiamo di sovente troppo distante dal nostro. Ci apre gli occhi su una realtà tutt'altro che parallela, fatta d'orrore e assurdità, generata, voluta ed alimentata dalla perfidia umana a prescindere da qualsiasi alibi religioso. Una gigantesca zona d'ombra nella quale il canonico ordine delle cose è sovvertito dall'abominio, un luogo abitato da bambini-cecchino, dove anche la più elementare somma algebrica (1+1) può risolversi nella più atroce delle scoperte. Una storia forte (tratta da un'opera teatrale di Wajdi Mouawad, autore canadese di origini libanesi), potente, attuale, coadiuvata da una regia sorprendente che si districa alla perfezione fra i vari salti temporali creando una tensione ed un pathos crescenti senza mai perdere il controllo o sfociare in sterili moralismi. Villeneuve colpisce con le immagini ma senza abusarne, ha la sensibilità di comunicare il peggio senza doverlo necessariamente mostrare o sbandierare ai quattro venti -  usufruendo del fuori campo o di sequenze in campo lungo - per soffermarsi poi sulle implicazioni che travolgono il volto di un cast ineccepibile sul quale si abbatte una serie di primi piani realmente straziante. Perfette in essenzialità e contrasti sia la colonna sonora che la fotografia, quest'ultima pervasa dal fascino paradossale e distrubante di una terra sconvolta e deturpata da quelli che molti definiscono conflitti religiosi. Dio, però, non è mai stato così lontano.

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