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5150, Rue des Ormes

Regia di Éric Tessier vedi scheda film

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La recensione su 5150, Rue des Ormes

di pazuzu
8 stelle

«Se trovate questa cassetta vi prego di aiutarmi. Il mio nome è Yannick Bérubé, sono prigioniero di una famiglia di pazzi, sono davvero pericolosi. Il nome della famiglia è Beaulieu, sono quattro: il padre, la madre, un'adolescente, Michelle, mi pare, ed una bambina. Dovete chiamare la polizia e venire a cercarmi».
In questo messaggio disperato, registrato in fretta e furia con la propria telecamera e lanciato fuori da una finestra da Yannick, giovane studioso di cinema, è rapidamente descritta l'ossatura di questo intrigante thriller canadese. La famiglia in questione, i Beaulieu, per l'appunto, è dominata dal padre padrone Jacques, sedicente capo dell'Esercito dei Giusti, strenuo difensore della (sua) Vera Legge, portatore (in)sano di rettitudine morale e figlio degenere di un sistema culturale che impone l'odio per il diverso, il cui scopo nella vita è quello di eliminare coloro che lo meritano, gli Ingiusti, ossia tutti quelli che da quella morale si allontanano. Sua moglie Maude, insicura e debole, non osa contraddirlo, anzi dice di fidarsi di lui e gli obbedisce, perché così le ha insegnato Dio. La figlia maggiore, Michelle, ha in comune con l'aspirante regista la passione per la cinepresa: lei ha 16 anni, tanti conflitti interiori, e la responsabilità di essere stata già designata dal padre come sua erede. E in ultimo c'è Anne, la più piccola, taciturna e disturbata, probabilmente destinata ad lunga carriera di cure psichiatriche.
La cosa che più convince in questo riuscito thriller imperniato su uno stringente clima da assedio in un crescendo claustrofobico di atmosfere capaci di spaziare tra il noir e l'immaginario horror è la definizione dei caratteri dei personaggi, sempre credibili pur se estremi, ed il loro successivo e progressivo sviluppo, parimenti coerente e puntuale. Yannick è un buono, e in questa gabbia di matti c'è finito solo per caso, perché, feritosi ad una mano in seguito ad una banale caduta dalla bicicletta ed entrato in casa Beaulieu solo per chiedere soccorso, s'è ritrovato fortuitamente testimone della morte del prigioniero precedente: il suo inserimento coatto nel contesto malato di questa famiglia disfunzionale non era quindi previsto ma diviene giocoforza necessario, ed ha come effetto quello di alterarne irrimediabilmente gli equilibri: e barcolla pesantemente pure il suo, lui figlio mite e gentile di padre dispotico e madre alcolizzata. Le conseguenze saranno imprevedibili e devastanti per tutti.
Tratto da un romanzo di Patrick Senécal (considerato da molti lo Stephen King canadese), il film di Éric Tessier conquista immediatamente grazie ad un ritmo da subito incalzante e senza cali su cui la tensione si istilla e cresce di pari passo con la (op)pressione costante cui sono sottoposti i significativi conflitti interiori di ciascuno. 5150, Rue des Ormes non inventa nulla, ma si impegna con costanza e profitto a rifuggire luoghi comuni e scelte banali, cercando piuttosto soluzioni sorprendenti o poco battute: prova ne sia il ruolo sempre più centrale (e singolare) cui assurge il gioco degli scacchi, il gioco della ragione per eccellenza, il gioco in cui chi non sbaglia vince sempre e chi commette errori è sconfitto, metafora della vita secondo Jacques Beaulieu e sua (in)verosimile raffigurazione inanimata. A voler cercare il pelo nell'uovo, il film perde qualcosa nella resa non impeccabile di alcuni effetti visivi nei minuti finali. Ma è davvero un peccato veniale che si perdona e si dimentica in fretta. Validi gli attori, tutti poco noti, tra cui, nel ruolo di Yannick, il protagonista Marc-André Grondin (già visto in C.R.A.Z.Y.), un curioso incrocio tra Gael Garcia Bernal e la versione politicamente corretta di Jack Black.

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