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La maschera della morte rossa

Regia di Roger Corman vedi scheda film

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Ted_Bundy1979

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La recensione su La maschera della morte rossa

di Ted_Bundy1979
7 stelle

Grandiosa trasposizione cormaniana del ciclo "poeiano", e la preferita dello scrivente, appena sopra "La Tomba di Ligeia". Come il citato fa infatti parte della seconda parte del suddetto ciclo, in cui la consapevolezza dei propri mezzi tecnici ed espressivi(pur all'interno della solita parsimonia proverbiale di Corman), oltre che di un ormai consolidato seguito e successo di pubblico dei sessanta, oltre che di un rodato compartimento di collaboratori dal prim'ordine(il mai abbastanza citato Nicholas Roeg alla fotografia con il suo stile visivo da sempre personale e inconfondibile, ma anche il sempre importante Daniel Haller alle scenografie, poi regista lui stesso), faceva sì che film come questo rappresentassero la perfezione, anche per il portato non indifferente di metafora di ben altre cose, che riuscivano a portare sullo schermo. E non soltanto di definito intrattenimento ipercolorato e sensuale per sensi visivo-sonori( la presenza di bellissime attrici come Hazel Court e Jane Asher già un poco discinte), da drive-in.

Grandioso pure il doppiaggio italiano con nomi come Emilio Cigoli e Giorgio Capecchi, Manlio Busoni, Renato Turi, etc.. 

Doppiare una voce tra le più ineguagliabili e inconfondibili del cinema come quella di Vincent Price non era certo opera da poco, nè da molti. Cigoli come voce del crudele, sadico ma anche profondamente intellettuale ed analitico Principe Prospero, ci riesce alla perfezione.

Da citare pure Patrick Magee/Alfredo, attore scespiriano del più alto livello ed excursus professionali, pluri-kubrickiano, che pure quasi mai in stato di sobrietà(Fulci docet,"Black Cat'',1981), riusciva ad infondere come qui alle sue parti, aloni di sinistra e bizzarra follia, quale nessun altro.

Straordinari i titoli di testa e l'inizio al villaggio raggiunto ben presto dalla pestilenza, che ti calano da subito in un'atmosfera tale da non poter abbandonare nè uscirne, fino alla fine.

In anni di covid 1984, film e racconto che assumono ancora altre opportune e ulteriori valenze e significati premonitori, e di ammonimento sulla manipolazione e sacrificio a piacimento da parte delle classi dominatrici e in tutto privilegiate, dei poveracci e di chi non ha niente.

Nei secoli alla fine nessuno cambia e niente nei rapporti di forza e potere, può cambiare per davvero.

 

John_Nada1979

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