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Green Zone

Regia di Paul Greengrass vedi scheda film

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La recensione su Green Zone

di mc 5
8 stelle

Ho ancora negli occhi la gustosa immagine della signora Anselma Dell'Olio (coniugata Ferrara) che commenta questo film in tv, liquidandolo con due parole sprezzanti, e con dipinta sul volto un'espressione tra lo schifato e l'inviperito. Beh, è facile intuire perchè un film politico come questo faccia venire l'orticaria alla signora, probabilmente per gli stessi motivi per i quali io l'ho gradito ed apprezzato. Però, la signora ha avuto parzialmente ragione quando ha detto, con faccia arcigna e disgustata: "Questo film che vorrebbe supportare tesi politiche, in realtà è solo tutto un BUM BUM BUM". Il riferimento era evidentemente al ritmo vorticoso e al costante sottofondo rumoroso fatto per lo più di spari, raffiche ed esplosioni, che accompagna lo spettatore dall'inizio alla fine. Il tema centrale dell'opera è il racconto di come il Governo degli Stati Uniti abbia artificiosamente reiterato una palese immensa bugìa di fronte agli occhi del mondo e del popolo americano, stimolando ed alimentando in quest'ultimo il patriottismo e l'odio verso il "nemico". Mi sto riferendo alla colossale balla dell'esistenza delle famose Armi di Distruzione di Massa. Una delle più grandi BUGIE della Storia dei popoli di tutti i tempi. Il motivo di questa menzogna, l'unico plausibile, è quello di contribuire a "gonfiare" a dismisura il senso di una guerra, a cercare un "terreno" che alimentasse di risvolti patriottici la fierezza degli americani, a costruire delle ragioni plausibili per un "progetto" militare, a "motivare" le personalità dei tanti ragazzi inviati sul fronte iracheno. Sono tutte ragioni comprensibili nell'ottica perversa e priva di morali che contraddistingue qualsiasi conflitto. Tuttavia, credo che, di fronte al giudizio di ogni storico dotato di buon senso, la "trovata" si è rivelata un boomerang. In altri termini, l'America ci ha fatto una discreta figura di merda. E in particolare la figura da idiota l'ha rimediata uno dei presidenti più incapaci che l'America abbia espresso, quel G.W.Bush che nel film, dagli schermi della televisione, arringa il popolo americano con l'atteggiamento del vincitore, coprendosi di ridicolo e consegnando alla cronaca storica una delle pagine più vergognose della Storia degli USA. A questo proposito, balza evidente il retrogusto intellettuale "obamiano" che aleggia su tutto il film. Ed è una sensazione che mi piace, che faccio mia, che sposo in pieno, consapevole come sono che finalmente un Paese di grandi tradizioni culturali e politiche ha un Presidente che si merita. Un uomo che, per il suo conclamato atteggiamento incline ad aiutare chi è più debole (anzichè supportare in primis lobbies di petrolieri, armieri, banchieri etc etc), mi rasserena almeno un pò sui destini del mondo. Il suo predecessore, al contrario, mi spaventava  proprio per la sua totale inettitudine a prendere decisioni ragionevoli soprattutto in ambito di politica internazionale. Perchè ho parlato di percezione "obamiana"? Prima di tutto perchè, mettendo finalmente da parte quell'ottica da "Paese che non sbaglia mai" tanto cara a quel babbeo che ora non farà più danni, il film ha il coraggio di toccare un nervo scoperto, di porre il dito in una piaga ancora aperta. E poi, cosa importante, Greengrass cerca di capire le ragioni e le varie posizioni del popolo iracheno, indaga sulla sua percezione del conflitto, ne osserva da vicino i diversi punti di vista, ne analizza le aspettative, le delusioni, le frustrazioni, le aspirazioni. Proprio come Obama, quando, in un famoso discorso che fece poco dopo essersi insediato, sostenne che "bisogna anche saper cogliere ed ascoltare le ragioni di chi ci è nemico". E a rappresentare un Iraq impaurito e terrorizzato, diviso tra l'atteggiamento di chi "subisce" una guerra le cui ragioni sono imposte con la forza e la rassegnazione frustrata frutto di una odiosa dittatura, ecco un volto che pare l'incarnazione perfetta del "povero cristo", Freddy, un uomo buono e spaventato, che cammina peraltro con una sola gamba, alla impossibile ricerca di una situazione che ne riconosca la dignità. Interessante poi assistere al processo di consapevolezza che investe il protagonista, Roy Miller, il quale è all'inizio il solito ufficiale carico di orgoglio patriottico determinato ad agire in nome del proprio Paese. Ma questa sua fede non è così ottusa e cieca da impedirgli di ragionare con la propria testa. E di fronte alla strenua ma infruttuosa ricerca di quelle famose "Armi Segrete", qualche squarcio di dubbio comincia ad aprirsi nella sua mente. Come è prevedibile, le sue perplessità si scontrano contro un muro di gomma, contro dei superiori che o lo ignorano o lo irridono. Finchè, anche grazie alla condivisione di idee con un preoccupato agente della CIA, non emerge una drammatica e frustrante realtà, quella di un "piano" superiore che si poggia su una grande terribile bugìa. L'ottusità dei vertici militari, il loro piegarsi con spirito servile ad ogni ordine che provenga dall'alto, sono elementi che alimentano un intrigo diabolico. Ovvio a questo punto che Miller venga ostacolato con ogni mezzo, lecito e non. Come sono andate poi le cose non è uno spoiler, sappiamo bene come si è evoluta la faccenda. Gli USA hanno IMPOSTO il loro piano e dunque Bush può annunciare vittoria da tutte le tv, ma....resta il fatto che i METODI usati dall'America sono lì, sottoposti al giudizio impietoso della Storia e degli Uomini. Il film possiede un ritmo che definire "concitato" è un pallidissimo eufemismo. Però bisogna anche dire che tutto questo movimento è "orchestrato" con cura, per cui alla fine genera un effetto piuttosto coinvolgente e tutto quel correre e sparare continui, raggiunge l'obbiettivo di provocare adrenalina eccitante e contagiosa. Potremmo anche aggiungere che in fondo proprio questa concitazione adrenalinica è insieme l'emblema del tipo di coinvolgimento scelto dal regista ma è anche -dipende dai punti di vista- il limite principale del film. Da una parte, dunque, una "action" caricata con troppa enfasi, ma dall'altra va detto che per lo meno si parla di una guerra vera con morti veri (almeno nella sua rappresentazione cinematografica) e quindi nessuna eccitazione da videogame, nessuna illusione di manovrare quei soldati e quelle esplosioni tramite un joystick (come accade, in esatto parallelo, nell'osceno "Gamer" da me visto pochi giorni fa). Posso concepire che questo film possa non essere particolarmente apprezzato da un pubblico femminile: okay che il messaggio politico veicolato è condivisibile al di là del sesso dello spettatore, ma resta il fatto che sotto molti aspetti questo è un film piuttosto "virile" e che non lascia spazio ad uno sguardo femminile. Da sottolineare l'enorme valorizzazione dell'audio e del sonoro. Questo è più che mai un film di suggestioni sonore. Caratterizzato da un susseguirsi sofisticato di rumori, opportunamente valorizzati nelle sale dotate di un buon impianto audio. E non parlo solo del fragore di esplosioni o raffiche di mitragliatrici, ma anche di voci e suoni che popolano le strade della città irachena: attraverso gli altoparlanti noi percepiamo tutto il pulsare frenetico di quei vicoli, i passi, le grida...quei suoni così fedelmente riprodotti è come se ci proiettassero direttamente in quei luoghi. Ci sarebbe poi da fare un discorso interessante rispetto a questo nuovo filone sul conflitto iracheno, che vanta già illustri frequentazioni, da De Palma a Paul Haggis. E magari (perchè no) tracciare un parallelo con il filone sterminato delle pellicole sul Vietnam. Ma è un discorso da rinviare: i fatti evocati sono ancora troppo recenti, siamo solo all'inizio e ci sarà tempo per raffrontare e discutere. Forte del successo dei due "Bourne", Greengrass conferma e rilancia il suo consolidato stile fatto di camera a mano infaticabile ed onnipresente a cui si aggiunge un montaggio mozzafiato. Un regista che dimostra di saper unire l'action più aggressiva al "cinema-atto d'accusa" squisitamente politico. Matt Damon è un attore che abbiamo imparato a conoscere, nel bene e nel male. Diciamo che l'uomo è dotato di una espressività singolare e che non risponde ai canoni consueti. E diciamo anche che si tratta di un attore che per far emergere appieno il suo talento ha strettamente bisogno di ruoli costruiti su misura per lui. Per fortuna quest'ultima condizione si verifica quasi sempre. Tuttavia mi resta più di un dubbio circa la sua capacità di esprimere una consistente gamma di sfumature espressive. Efficace, nel ruolo dell'agente CIA virtuoso, il bravo Brendan Gleeson. Ed infine è per me sempre un vero piacere ritrovare uno dei mei volti d'attore preferiti, quel Greg Kinnear a cui davvero non capisco cosa manchi ancora per diventare una star di Hollywood. Concludendo. Film movimentatissimo sul piano dell'azione. Appassionante su quello dell'impegno civile-politico. Certo, se andassero tutti un pò meno di corsa e col fiatone, sarebbe un pelino meglio. Ma non si può avere tutto dalla vita.
Voto: 8 e 1/2

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