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L'amante inglese

Regia di Catherine Corsini vedi scheda film

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La recensione su L'amante inglese

di leporello
6 stelle

Tentativo generoso, ma risultato modesto per questa nuova rappresentazione  classica di amour fou. Il modello è quello già conosciuto tante volte: un mènage familiare diventato routine, un incontro occasionale, l’esplodere della passione e del bisogno di lasciarsene travolgere. In questo specifico caso, le conseguenze dell’amore (per dirla con Sorrentino) si spingono fino all’estremo, in una guerra psico-economica in cui il marito tradito è pronto ad usare ogni mezzo, becero ricatto incluso,  per riportare a casa la sua donna. Alcune scene riescono effettivamente ad arrivare molto in profondità (al distributore di benzina, con Susanne che cerca disperatamente di vendere un suo Cartier per raccimolare un pugno di euro, lo scontro dei due coniugi a guerra già avviata, i due amanti costretti al duro lavoro ai mercati ortofrutticoli), ma sostanzialmente il film si riduce ad una ricerca di stile e poco altro, dimostrando sì una buona personalità (alcuni bei primissimi piani seminati qua e là), ma niente di particolarmente innovativo o entusiasmante.

Il film è tutto sulle robuste spalle di una (di nuovo) bravissima Kristin Scott-Thomas, intensa ed espressiva come già ammirata in “Ti amerò sempre”, si avvale anche dell’ottima prova e del cinico ghigno di Yvan Attal nei non facili panni di un marito che vuole imporre l’amore con la forza, mentre Sergi Lopez risulta il meno convinto e convincente del terzetto, a tratti impacciato, nei panni di un personaggio (ex-galeotto, operaio emigrato e precario) forse tratteggiato caratterialmente con troppa fretta.

Le  musiche  sono le stesse già usate in alcuni film di Truffaut (assunto a modello dalla Corsini, come rivela lei stessa in un’intervista), e  questo a mio avviso infelice “riciclaggio” (le ho trovate esageratamente pompose rispetto alle scene che accompagnavano) fa un po’ da zavorra a quest’opera che tenta, nella tradizione, di volare verso una visione più moderna della classica “Signora della porta accanto”, con un risultato non del tutto convincente, anche se in parte aprrezzabile.  

Da ultimo, la solita nota dolente dell’incomprensibile traduzione italiana del titolo e il rammarico di non aver potuto ascoltare la voce della Scott-Thomas col suo francese inglesizzato (per forza di cose sparito con il doppiaggio italiano) che, leggo in un articolo, avrebbe aggiunto valore alla sua già splendida prova attoriale, e probabilmente al film intero.

 

                                                            

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