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Non è ancora domani (La pivellina)

Regia di Tizza Covi vedi scheda film

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La recensione su Non è ancora domani (La pivellina)

di Peppe Comune
7 stelle

Asia (Asia Crippa) è una bambina di due anni circa che viene ritrovata da Patti (Patrizia Gerardi) sull'altalena di un parco pubblico. La donna decide di portarla con se nella sua roulotte dove vive insieme al marito Walter (Walter Saabel). I due coniugi sono artisti da circo e vivono nell'area parcheggio di San Basilio, alla periferia di Roma. Walter vuole che il ritrovamento della bambina venga subito denunciato alla polizia per non incorrere in guai seri, Patti, invece, vuole aspettare, anche perchè, nel vestitino della bambina ha trovato un biglietto che lascia intendere che la madre l'ha volutamente lasciata a loro e che appena potrà verrà a riprendersela. Aiutata dal marito e da Tairo (Tairo Caroli), un quattordicenne che vive con la nonna Gigliola (Gigliola Crippa) in una roulotte vicina, Patti si prende amorevolmente cura della piccola Asia. Così come tutti gli amici circensi, che iniziano a volergli bene e a trattarla come una di loro. 

 

scena

Non è ancora domani (La pivellina) (2009): scena

 

Ci sono film che riescono a sorprendere per la leggerezza che ci impiegano nel far emergere con limpida precisione particolari spaccati di mondo, per il fatto di riuscire a raccontare delle storie prosciugandole di ogni artificio gratuito per restituircele in tutta la loro aderenza alla vita. Uno di questi casi è certamente rappresentato da "Non è ancora domani" di Tizza Covi e Rainer Frimmel (presentato a Cannes alla "Quinzaine des Réalisateurs"), un film esile nella forma e profondo nei contenuti, tanto premiato in giro per il mondo quanto malamente distribuito a causa di un'industria cinematografica (e di una cultura) ormai quasi del tutto assorbita  dalle regole imperanti del mercantilismo ad ogni costo, più incline ad indirizzarsi verso i luccichii abbaglianti delle produzioni "mainsteam" e ad alimentare varie forme di nepotismo più o meno palesi che a dare anche un po' di linfa vitale a prodotti piccoli e belli come questi. Ritorniamo al film (che è meglio), che ruota tutto intorno al ritrovamento di una bambina abbandonata, lo spunto è drammatico dunque, ma il dramma è prosciugato sul nascere da un modo di rapportarsi alla vita dei suoi protagonisti che è proprio di chi è abituato ad affrontarla per quella che è e per come viene, guardandola in faccia, senza commiserarsi troppo per le difficoltà che continuamente produce. Un modo che evidentemente nasce dall'abitudine a percorrere strade incidentate, a guardare il mondo dal basso, a dare il giusto valore alle cose e a concepire ogni effetto sorpresa come un dono arrivato inaspettato. Asia è appunto un dono, un dono a termine che interviene a rivitalizzare la vita della "roulettopoli", un luogo tanto povero di mezzi quanto ricco di disinteressata solidarietà, dove la condivisione e la tolleranza sono regole impresse nei cuori. Tutti gli artisti del circo gli mostrano particolari attenzioni, giocano con lei cercando di farla divertire con i loro numeri circensi e trattandola come il miglior pubblico verso cui abbiano dovuto esibirsi. Essendo "la pivellina" (così tutti chiamano carinamente Asia) al centro dell'attenzione e non potendo far recitare una bambina di due anni (che dimostra di avere un talento naturale davvero eccezionale per come si pone davanti alla macchina da presa), il film, più che seguire una vere e propria sceneggiatura, si adagia alle situazioni nel loro divenire, lasciando agli attori (non professionisti) la possibilità di rapportarsi con Asia con tutta la naturalezza del caso. Così, ognuno finisce per recitare se stesso e a proiettare verso l'esterno spaccati di vita vissuta intrisi di un'umanità non comune. Ha ragione Mauro Gervasini quando sottolinea che questo film attua una "contaminazione tra cinema a soggetto e documentario non nuova", ma è sempre importante soffermarsi sugli esiti a cui si giunge (come fa appunto lo stesso Gervasini), che in questo caso sono felici per come, da una vicenda dai presupposti drammatici, si ricava una storia che irradia un vitalismo contagioso. Ed è tanto più importante sottolineare questa caratteristica se si mettono in risalto altre chiavi di lettura che può offrire il film, cose che fanno da sfondo alla storia principale, come la diffidenza che la "società civile" nutre nei riguardi di questi raminghi esistenziali (come dice chiaramente Walter in un dialogo con Patti), l'insufficienza di servizi essenziali nelle periferie suburbane e la dura vita degli artisti di strada.

Voglio concludere ritornando al cenno polemico a cui ho fatto riferimento prima per ribadire che sono proprio esperienze cinematografiche assai esemplificative come "Non è ancora domani" che me (ce) le inducono a fare, perchè si vorrebbe che opere come queste avessero più visibilità, che venissero valutate semplicemente per quanto sanno essere belle e non per i soldi che riescono a far fare. Oggi sembra mera utopia pretendere un rapporto più bilanciato tra le cause dell'arte e l'esigenze del mercato, ma chi ha a cuore la causa della bellezza, evitando possibilmente di perdersi in irrealialistiche perorazioni ideologiche, deve continuare a partorire uno spirito polemico senza sentirsi inadeguato, comportarsi come un bambino che fa ingenuamente le domande più semplici e pretende che gli si diano risposte ragionavoli. Intanto, agli amanti del buon cinema non gli resta di meglio da fare che muoversi per strade anche impervie e scovare gioielli come questi. E premiarli per come si può.

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