Espandi menu
cerca
American Gangster

Regia di Ridley Scott vedi scheda film

Recensioni

L'autore

petweir

petweir

Iscritto dal 30 agosto 2002 Vai al suo profilo
  • Seguaci 4
  • Post -
  • Recensioni 76
  • Playlist 1
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su American Gangster

di petweir
8 stelle

Girare un gangster movie oggi, significa guardare al passato e confrontarsi spesso con veri e propri capolavori: la saga de ‘Il Padrino’, ma non solo. Anche molti film di Scorsese, da uno dei suoi primi film, ‘Mean Streets’ passando per il dittico splendido costituito da ‘Quei bravi ragazzi’ e ‘Casinò’, fino al recente ‘The Departed’. E poi tanti altri: ‘Scarface’ e ‘Carlito’s way’ di De Palma, per esempio. Per questo suo nuovo film il versatile Ridley Scott, si è affidato alla sua esperienza trentennale di cinema e alla tradizione più che trentennale della New Hollywood. Così in ‘American Gangster’, trovano spazio parecchi riferimenti “alti”, al cinema che conta, senza dimenticare l’intrattenimento popolare: il ‘Serpico’ di Lumet, rivisitato dall’ottima prova di uno stazzato Russell Crowe ma anche il cinema popolare nero, la blacksploitation di cui si avvertono molti echi, specie nella colonna sonora. E poi la mafia italiana, da cui tanto ha imparato Frank Lucas (un buon Denzel Washington): il cinema di Scorsese, Coppola e De Palma. ‘American Gangster’ è nel complesso un buon film. Non un capolavoro, perché non tutto è a fuoco e non mancano i momenti deboli: la storia d’amore, per esempio, è sfocata e manca di quel romanticismo intenso che pure è presente ed è la spina dorsale di molti film del genere. E anche la prima parte di questo film cupo si affida troppo ad ellissi e troppo poco all’azione. Inoltre, manca quell’afflato epico e quella tragicità che è un tratto distintivo del grande cinema di mafia. Tanti però gli aspetti positivi: una ricostruzione d’epoca impeccabile, una coppia di attori, che per tutto il film, un po’ come in ‘Heat – La sfida’ non si incrociano mai, se non nel finale, convincente e ben diretta; una sequenza (quella della retata) ricca di pathos e suspense e girata in perfetto stile anni ’70. Più di tutto colpisce il discorso morale che fa Scott presentandoci due personaggi ambigui: Frank Lucas, il boss mafioso di colore, spietato, ma crudele, corretto con i clienti e legatissimo a una famiglia che coinvolge nei propri traffici; Crowe, il personaggio più interessante del film: onesto fino al punto di riconsegnare a una polizia corrotta 1 milione di dollari sporchi e ma disastroso in una vita privata fatta di tradimenti e sconfitte. È un personaggio che ci piace perché sta attaccato a un sogno, a un ideale vero di giustizia e di onestà, nonostante sia lui per primo (si veda l’udienza per il divorzio in tribunale) a riconoscere il proprio male, il proprio fallimento e la propria fragilità di fronte alla moglie e al figlio. Avesse trattato con la medesima profondità anche il personaggio di Frank, un po’ più rigido e costretto nella ‘maschera’, probabilmente Scott avrebbe realizzato forse un altro capolavoro. Non è cosa da poco, comunque, oggi, parlare di bene e male e riconoscere cosa è il bene e cosa il male, senza facili slogan moralistici e senza puntare il dito contro i “cattivi”. I cattivi in quanto tale non esistono. Esistono degli uomini in lotta con una libertà bruciante e difficile da maneggiare. Scott, in qualche modo, ha cercato anche di dire questo. Bisogna dargliene atto.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati